Se mal gestita la tecnologia può risultare anti emozioni
Da sempre la Fifa, l’organismo istituzionale più prestigioso a livello mondiale, ha mantenuto vivo il gioco del calcio cambiando con cautela le regole, salvo nel 1925 e dopo il Mondiale ‘90: nel primo caso si alleggerì il peso del fuorigioco per ridurre il numero delle partite senza gol. Dopo il ’90 i cambiamenti favorirono l’attacco grazie all’indebolimento di norme relative alla fase difensiva. Il calcio, per creare emozioni e passione ha bisogno di gol; da allora, in serie A, sono cresciuti del 35%. Si osservò poi che il tempo effettivo non raggiungeva i 50 minuti e questo dato promosse il recupero che permise di giocare per 55 minuti almeno e fornì emozioni e gol nei minuti finali. La tradizionale lettura sportiva del gioco, che tollerava gli errori, fu cancellata dallo sviluppo del calcio televisivo votato a un prodotto dal risultato certo. Il peso di questo obiettivo-limite finì anche sulle spalle dell’arbitro che non poteva certo vincere la sfida tra la sua capacità umana e quella tecnologica in grado di vedere e rivedere. L’uso della tecnologia è difficile perché, se mal gestita, causa lunghe interruzioni e turba i flussi di energia e di passione che sono la linfa vitale dello spettacolo. Gli arbitri hanno bisogno di tempo per ottimizzare le procedure e collaborare al meglio con il collega al monitor. Viste le ultime disposizioni della Fifa, giunte durante questa difficile transizione, è lecito domandarsi per quale ragione abbiano deciso di stravolgere gli equilibri ancora incerti della coppia arbitrale modificando, senza ragione, il gioco nell’area di rigore (volontarietà o meno sul fallo di mano) e appesantendo i provvedimenti disciplinari verso i calciatori e gli allenatori. Infatti il primo bilancio, in Italia, è negativo: il tempo effettivo è finito a 47-49 minuti, i rigori sono cresciuti del 40%, i 9 gialli per gara degli arbitri migliori sono il segnale di disagio tecnico. Nel frattempo anche gli arbitri inglesi ora fischiano fino a 35 falli per gara. Cancellato anche il mito inglese del «lasciar correre?».