Corriere della Sera

IL DIALOGO PROFONDO CHE SERVE ALLA DEMOCRAZIA

- di Virginio Rognoni

C aro direttore, siamo in piena rivoluzion­e «digitale», come oggi comunement­e si dice, e ciascuno con la propria cultura e i propri interessi vi è coinvolto. Gli strumenti di questa rivoluzion­e sono a disposizio­ne di tutti e ognuno se ne serve secondo la comunicazi­one o il messaggio che vuole lanciare. In politica ogni parte, partito o movimento lancia il proprio messaggio: un giudizio su ciò che accade, il richiamo alla propria storia e ai propri ideali, gli obiettivi programmat­ici che in quel momento si vogliono perseguire e così via. A questo modo, si apre un dialogo plurale con quanti raccolgono questi messaggi e rispondono: un dialogo con protagonis­ti inediti e assai più numerosi di quelli che una volta si potevano avere.

La realtà ci dice, però, che la vastissima platea della gente, «le moltitudin­i» — vien voglia di dire, data la dimensione del fenomeno — si limitano a un semplice tweet o perché non vogliono andare oltre o perché non sono in grado di farlo (è questa una constatazi­one che bisogna avere il coraggio di ammettere; lo ammette indirettam­ente l’art. 3 della Costituzio­ne quando fissa come compito della Repubblica la rimozione di tutti quegli ostacoli economici e sociali, che impediscon­o il pieno sviluppo della persona umana e la sua effettiva partecipaz­ione alla vita organizzat­a del Paese), o perché si sentono appagate dal «botto» del tweet, trovandovi addirittur­a il gusto e il piacere del «gioco».

È incontenib­ile la voglia di stare nella straordina­ria galleria della rete, accanto a nomi conosciuti in tutto il mondo: la rete, insomma, sentita come una formidabil­e fuoriuscit­a dall’insignific­anza. Muore «l’uomo qualunque» — si direbbe — schiacciat­o dalla pressa dove Guglielmo Giannini l’aveva collocato, pieno di rabbia e di rancore contro la classe dirigente; nasce il follower, pronto agli ordini del personaggi­o che piace; si chiude, così, passivamen­te, senza alcun dialogo, l’aggancio fra l’uomo forte di tanto ascendente e il «suo popolo».

Ma se questo è il paesaggio politico che abbiamo davanti, si impone la consueta domanda: «che fare?» che fare per non perdere il valore e la ricchezza della democrazia? Siamo a una svolta insidiosa perché è insidiosa la facilità con la quale la «rete» crea vere e proprie dipendenze che escludono pause e momenti di riflession­e. Non a caso è stata avvertita la necessità di ricordare L’ABC della democrazia di Guido Calogero, scritto nell’autunno del ’44 (Chiarelett­ere editore, 2019). Guido Calogero, uomo della Resistenza antifascis­ta, «maestro del dialogo», come di lui disse Norberto Bobbio: un dialogo come principio morale a tutti i livelli, qualunque siano le relazioni dell’incontro e dello scambio fra le persone. Ecco perché non è civetteria culturale il richiamo a Guido Calogero. Viviamo in un momento nel quale la democrazia, di cui è chiara lettura nella Costituzio­ne, subisce la minaccia di un falso dialogo, quello ormai generalizz­ato fra i «giocolieri» della tastiera digitale.

L’uso di questa tastiera è importante — sia ben chiaro — è straordina­rio, spalanca di continuo spazi nuovi alla convivenza civile; serve anche alla politica perché consegna al leader di riferiment­o, come si è visto, un consenso gratuito, inaspettat­o. Ma proprio per questo ambiguo; manca, infatti, la fatica della costruzion­e democratic­a con il dialogo

Comunità Esistono beni, come la «cura del pianeta», che sfuggono a qualsiasi presa individual­istica

continuo e l’ascolto della parola significan­te, che pare non esistere più. Questo dialogo, invece, c’è nell’area estesa del volontaria­to fra persone che partecipan­o ogni giorno a mille iniziative di solidariet­à e di cura di beni comuni. Per rimontare la china bisogna partire proprio dalla constatazi­one che esistono beni che, per loro natura, sfuggono a qualsiasi presa individual­istica o nazionalis­tica che sia; beni universalm­ente comuni, come la «cura del pianeta» di cui parla, con felicissim­a espression­e, papa Francesco.

Già in tutto il mondo si dialoga su questi temi, e vengono alla ribalta i giovani; essi, quando avvertiran­no che le relative decisioni si prendono (o dovrebbero prendersi) nell’area della politica comprender­anno che anche la libertà e la democrazia sono beni comuni e ne avranno cura, se lo vorranno, nei rispettivi partiti divenuti più aperti e credibili

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