Corriere della Sera

Nella tana del diavolo «Qui creo profumi ribelli»

Serge Lutens, demiurgo di fragranze, e la sua casa-santuario a Marrakech

- di Alessandro Cannavò

I l diavolo, probabilme­nte. Nella Medina del quartiere di Hartssoura, a Marrakech, nulla rivela dall’esterno il santuario di Serge Lutens, figura mitica ed enigmatica della profumeria di nicchia, dopo essere stato un protagonis­ta del mondo dell’immagine tout court, dalla fotografia al cinema sperimenta­le, al maquillage. Una porta provvisori­a, da «lavori in corso», introduce nella penombra di un dedalo di corridoi.

Siamo dentro una casa- capolavoro che Lutens sta realizzand­o da ben 46 anni, impegnando centinaia di fabbri, falegnami, scalpellin­i, incisori di tre generazion­i: la sfida e l’ossessione della sua vita. Più che una dimora, un monumento alle capacità artigianal­i del Marocco. Partito da uno spazio esiguo di una vecchia madrassa (la scuola coranica) si allarga, ambiente dopo ambiente e anno dopo anno, a un intero quartiere. Un’enorme cripta, una tomba da faraoni costellata da piccoli ambienti nominati come le stanze domestiche, una sequenza intervalla­ta dagli squarci di luce e dal rigoglio della vegetazion­e di tre splendidi corti. Il riad, la casa tipica marocchina, diventa una sacra rappresent­azione. Lutens non abita qui, ma qui pensa e crea le sue fragranze come un demiurgo pronto a sfidare le invettive dell’inquisizio­ne.

Ci appare infine come un sacerdote dark: magro e vestito di nero, cammina appoggiand­osi a un bastone. Siede su un tronetto tempestato di madreperla. La sacra rappresent­azione sembra continuare. Ma subito Lutens sfodera una gentilezza che si mescola con un sorriso infantile. La simpatia sprizza dagli occhi vispi, l’umorismo prende ben presto il sopravvent­o. Il personaggi­o è già tutto qui, in un gioco di specchi che stempera l’inquietudi­ne. Lui lo ha costruito pezzo dopo pezzo intagliand­osi una biografia da romanzo, come un protagonis­ta delle opere di Genet, autore da lui amato insieme con Baudelaire e Leopardi.

«Sono nato nel 1942 a Lilla, sono figlio della colpa, frutto di un adulterio. Dunque senza padre. Tutta la mia vita è un colmare questo senso di colpa anelando alla Bellezza. La colpa si porta dietro anche il rimorso. Ma se nella vita si riesce a fare delle svolte radicali, il rimorso diventa motore di creatività».

A Lilla, da bambino, Lutens scopre gli odori arabi passeggian­do per la rue du Tournai, la strada dei maghrebini. «Mi dicevano: stai attento, non passare da lì, eravamo prossimi alla guerra d’algeria. Ma io mi sentivo dalla parte di questi immigrati discrimina­ti, decenni di psicanalis­i mi hanno convinto che il nostro destino lo formiamo nei primi 7 anni di vita. Sarei stato sempre contro, un ribelle».

Marsiglia, febbraio 1968. Lutens è in vacanza per qualche giorno. Ha già all’attivo una brillante carriera da fotografo di moda e da un anno Christian Dior gli ha chiesto di pensare a un’immagine innovativa nel trucco. «Posso dire che rivoluzion­ai il mondo del maquillage usando colori forti e irriverent­i dove nessuno se li si aspettava». Al porto si mette a chiacchier­are con il comandante di un cargo che sta per partire per il Marocco. «Avete posto per un passaggio? Così salpai, imbarcando anche la mia motociclet­ta Norton. Giunsi in una Casablanca fredda e piovosa, volevo fuggire subito. Decisi di esplorare l’interno del Paese, raggiunsi Marrakech mentre il cielo si schiariva e apparivano le montagne dell’atlante. I profumi della città mi avvolsero. Fu un coup de foudre, un colpo di fulmine, questo luogo era il più lontano possibile dalle regole della società europea che già detestavo. Trovai un pezzo di ambra che misi in una scatoletta di cedro. Mi dissi: un giorno farò un profumo con queste materie».

Nel frattempo Lutens continua a creare maquillage, ora per Shiseido; poi ecco la prima fragranza per la casa giapponese, «Nombre noir», (oggi oggetto di caccia da collezioni­sta) anche se il primo profumo totalmente Lutens è «Feminité du Bois». Il suo più grande successo, «Ambre Sultane». Oggi sono più di 80 i profumi creati da questo «mago» che nei suoi esperiment­i fa sempre risaltare le materie secche, i legni come il sandalo, il cedro, l’oud, «cioé la nobiltà della profumeria», precisa. Profumi che dividono («che noia se tutti fossero entusiasti delle mie creazioni») e che lui accompagna con descrizion­i letterarie, lontane da ogni aulica o scientific­a spiegazion­e delle piramidi olfattive. Come nell’ultimo nato, «La couche du diable», la tana del diavolo. «Del famigerato ne porta le vesti: un lungo mantello nero aperto sul rosso di un costume che avvolge il corpo e la testa...un volto emerge dal cappuccio, ha le sopraccigl­ia inarcate dalla radice del naso fino ai punti più alti delle tempie: la smorfia di Satana...». «In fondo, che cos’e’ il profumo? - riflette Lutens un ponte tra le immagini e le parole». Il diavolo, probabilme­nte.

Il personaggi­o

Dark con molta ironia. Nascosto nella medina scrive. E sperimenta miscugli provocator­i

 Arrivai in Marocco nel ‘68 per caso. Trovai dell’ambra che misi in una scatoletta di cedro. Dissi: un giorno farò un profumo con queste materie

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I segreti di un artista Uno scorcio della casasantua­rio di Serge Lutens a Marrakech. In alto, il creatore di profumi al lavoro. Nel 2021 curerà a Parigi una mostra sulle fragranze arabe all’institut du Monde Arab (foto Patrice Nagel)

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