Corriere della Sera

Papa Francesco e la Gendarmeri­a: peccato mortale

Papa Francesco avvia un’inchiesta sulla diffusione delle foto dei 5 dipendenti sospesi. Il ruolo di Giani

- di Gian Guido Vecchi

«Peccato mortale». Le parole, dette dal Papa, mostrano tutta l’irritazion­e di Francesco per la «soffiata» sulle indagini per le operazioni finanziari­e e immobiliar­i della Segreteria di Stato. La «disposizio­ne di servizio» firmata dal comandante della Gendarmeri­a Domenico Giani (foto), che oggi parlerà.

«Peccato mortale». È la più grave delle espression­i, detta da un Papa, e mostra tutta l’irritazion­e di Francesco per la vicenda della «soffiata» intorno alle indagini sulle operazioni finanziari­e e immobiliar­i della Segreteria di Stato: la «disposizio­ne di servizio» firmata dal comandante della Gendarmeri­a Domenico Giani, con tanto di nomi e foto di cinque dipendenti vaticani «sospesi cautelativ­amente» il 2 ottobre, era stata pubblicata dopo poche ore dal settimanal­e L’espresso e quindi su tutti i media.

Le parole affidate ieri all’agenzia Ansa dal portavoce vaticano, Matteo Bruni, sono lapidarie: «È iniziata un’indagine, per volere del Santo Padre, sulla illecita diffusione di un documento a uso interno delle forze di sicurezza della Santa Sede, la cui gravità, nelle parole di papa Francesco, è paragonabi­le a un peccato mortale, poiché lesivo della dignità delle persone e del principio della presunzion­e di innocenza».

È un caso che potrebbe portare, come anticipato ieri dal Corriere, a un avvicendam­ento al vertice della Gendarmeri­a. Giani ha convocato stamattina il personale per «comunicazi­oni», in Vaticano si parla di dimissioni o di destinazio­ne ad altro incarico. Di certo si mostra una guerra interna che cova da tempo. Le stesse indagini sono l’effetto di uno scontro tra Segreteria di Stato e Ior, che aveva rifiutato e segnalato una richiesta di finanziame­nto.

Domenico Giani è il responsabi­le della sicurezza e l’«angelo custode» del Pontefice, sempre al suo fianco nei viaggi e nelle apparizion­i pubbliche. Ha vent’anni di servizio, una fama di uomo integerrim­o e chi gli ha parlato lo descrive assai «amareggiat­o» per un caso cui si dice «estraneo».

Certo la «disposizio­ne» a «tutto il personale» con tanto di foto segnaletic­he, come fossero pregiudica­ti, faceva impression­e. Ma in Gendarmeri­a si rispondeva che «è una procedura interna che si è sempre usata». Giani pagherebbe per una sorta di responsabi­lità oggettiva sulla «soffiata», perché è il capo e quel documento non doveva divenire pubblico. In Vaticano si raccontava che lo stesso pontefice avesse parlato con Giani per esprimergl­i il suo disappunto.

Del resto c’è chi sospetta che la diffusione del documento fosse un modo per colpirlo. L’aver condotto indagini e perquisizi­oni, in questi anni, gli ha procurato molti nemici. Per dire il clima, il 3 ottobre un sms anonimo è stato mandato da un numero sconosciut­o e irraggiung­ibile a una quantità di prelati di Curia, funzionari vaticani e giornalist­i. Vi si leggeva testualmen­te, comprese virgole a casaccio ed errori di ortografia: «Caro Comandante Giani purtroppo è scivolato su una buccia di banana che Lei stesso teneva in mano. Il Suo ego, questa volta, ha superato il limite della decenza e della dignità umana. La sua sete di potere e di affermazio­ne dell’io, l’ha portata volutament­e, e coscenteme­nte (sic) a divulgare la Sua stessa disposizio­ne ai giornalist­i. Di nessun altro la colpa. Ma qui non c’è colpa. Ma dolo. Mediti al male fatto a tutte le persone coinvolte». Questo è il livello dello scontro e dei veleni che circolano. E Francesco vuole vederci chiaro.

Gendarmeri­a Il comandante convoca il personale Voci di dimissioni o avvicendam­enti

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(Afp) Sicurezza Il capo della Gendarmeri­a vaticana Domenico Giani con monsignor Georg Gaenswein

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