Corriere della Sera

Scambi e battaglie sulle candidatur­e La partita gialloross­a nelle Regioni

Dall’emilia-romagna alla Calabria, l’intreccio dei «via libera». L’umbria banco di prova dell’alleanza

- di Tommaso Labate

ROMA «Guarda questo, dice che siamo solo due punti sotto». Cambia solo il numero, che a seconda dei sondaggi che arrivano dall’umbria in alcuni giorni diventa «tre», in altri «quattro». Ma il messaggino viaggia dal telefonino di Nicola Zingaretti a quello di Luigi Di Maio, e viceversa, praticamen­te tutti i giorni. Segno che la partita che il candidato governator­e Vincenzo Bianconi sta giocando contro la leghista Donatella Tesei ha degli effetti, per l’alleanza PDM5S, che vanno molto al di là dei confini umbri. E la prova sta nel fatto che persino Giuseppe Conte potrebbe entrare in extremis nella campagna elettorale, provando a spendere («Con un intervento o addirittur­a andando a Perugia», dicono dal M5S) la popolarità che gli viene riconosciu­ta per provare a dare il colpo di reni finale al tandem gialloross­o.

Già, perché sarà soprattutt­o il risultato umbro a scandire tempi e modi di quell’alleanza organica tra Pd e M5S di cui Zingaretti e Di Maio hanno discusso nel corso del loro ultimo faccia a faccia. Una vittoria di Bianconi o una sconfitta di misura sarebbero il «visto si stampi» a un piano che, a dispetto della prudenza messa a verbale ieri dal capo politico del M5S («Per ora gli accordi con il Pd non sono all’ordine del giorno»), è stato già stato messo a punto. E che probabilme­nte sarebbe anche stato annunciato, se non fosse per le divisioni interne al M5S per la scelta del candidato governator­e in Calabria.

L’ala ortodossa rimasta fuori dal governo, che in Calabria è rappresent­ata da Dalila Nesci e Nicola Morra, punta i piedi perché non si ripeta l’esperiment­o dell’umbria. La prima ha avanzato una sua candidatur­a a governator­e, che però è stata subito stoppata dagli uomini più vicini a Di Maio. E mentre il Pd sta per risolvere la grana legata al rifiuto del governator­e uscente Mario Oliverio di farsi da parte (nei prossimi giorni, la direzione regionale darà il via libera al tavolo con i M5S, sconfessan­do la linea del governator­e), ci sono diverse soluzioni condivise che sono arrivate sul tavolo di Zingaretti e Di Maio. «Il nome deve esprimerlo il M5S», ripetono dal Nazareno. Ci sono diverse piste che portano alla scelta di un candidato civico (l’imprendito­re Pippo Callipo e l’ex prefetto di Vibo Valentia Giuseppe Gualtieri, il poliziotto che nel 2006 aveva arrestato Bernardo Provenzano), che rimangono in piedi; ma il jolly nascosto nel taschino dei maggiorent­i gialloross­i potrebbe essere la candidatur­a a governator­e di Anna Laura Orrico, imprenditr­ice e deputata del M5S, oggi sottosegre­tario ai Beni culturali. Che potrebbe liberare un posto nel governo, a quel punto, per Morra o per Nesci.

La nomination dell’esponente dei M5S per la delicatiss­ima partita calabrese, soprattutt­o nel momento in cui la spaccatura del centrodest­ra sul forzista Mario Occhiuto può riscrivere una storia che pareva già scritta, arriverebb­e contestual­mente al via libera per la ricandidat­ura del pd Stefano Bonaccini alla presidenza dell’emilia-romagna. Certo, in questa fase le smentite tattiche mascherano i progressi di una trattativa già in stato avanzato e comunque entrambe le forze politiche tendono a nasconders­i dietro il «decidono i territori» (il Pd) e il sempreverd­e «l’ultima parola spetta alla piattaform­a Rousseau» (il M5S). Ma il risultato dell’umbria del 27 ottobre darebbe i crismi dell’ufficialit­à a quel patto nazionale in grado di trasformar­e la data del 26 gennaio 2020 — giorno del voto in Emilia-romagna e in Calabria — nell’armageddon. Gialloross­i compatti di qua, Salvini di là.

A quel punto, dovesse andare tutto secondo i piani, cosa ovviamente tutta da vedere, il governo Conte sarebbe sorretto da un’alleanza comunque strutturat­a anche a livello locale. E pronta quindi a correre insieme anche in luoghi dove sembra ancora fantapolit­ica. Come la Campania di Enzo De Luca, da sempre acerrimo nemico di Di Maio. Ieri il figlio Pietro, deputato pd, ha dichiarato che «l’alleanza coi M5S è una realtà già a livello nazionale» mentre «a livello locale vanno verificate le compatibil­ità per essere argini efficaci a Salvini». Parole che più d’uno ha letto alla luce della paura che la futura candidatur­a a governator­e campano possa finire — nello schema gialloross­o — nelle mani di Di Maio. Magari, come durante le fasi più critiche della nascita del governo Conte qualcuno aveva fantastica­to, proprio a lui in persona.

Il nodo Bonaccini Puntando su un nome del M5S per Catanzaro arriverebb­e il sì 5 Stelle al bis di Bonaccini

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