Pietro, 7 anni, fenomeno del kart «Vettel? Correrò come lui»
Piacenza, il piccolo campione e l’abbraccio con il pilota tedesco della Ferrari
Il bambino che sogna di correre in Formula 1 e il campione per il quale «faccio il tifo da sempre» si sono incontrati per caso lunedì 30 settembre, al kartodromo di Lonato del Garda dove — a pensarci bene — erano andati entrambi per lo stesso motivo. Ovvero trovare un po’ di relax inanellando tranquilli giri di pista e dimenticare lo stress in gara del giorno prima.
Pietro Bagutti, sette anni, piacentino, aveva corso proprio qui, al «South Garda Karting» che nel «circus» del kart è considerato un circuito tra i più prestigiosi.
Il ferrarista Sebastian Vettel, 32enne, quattro volte campione del mondo di Formula 1, era di ritorno da Sochi, in Russia. Gran premio assai amaro: intanto perché il suo bolide si è fermato per noie al motore e poi per via di quelle discussioni via radio con il compagno di squadra emergente Charles Leclerc per una questione di precedenze dopo il via.
Tutta diversa e trionfante invece la corsa di Pietro, biondino, occhi azzurri e già soprannominato dai rivali «il principino» per via della sua guida tra educazione e massiccia cattiveria agonistica. Prima la pole position, poi la vittoria in «gara 1» e infine il capolavoro in «gara 2»: tamponato da un rivale che lo ha buttato fuori pista, Bagutti non si è perso d’animo. E dall’ultimo posto, dopo sorpassi e best-lap continui, è risalito sino ad agguantare il quarto posto valso la vittoria assoluta.
A fine gara — nemmeno il tempo di festeggiare dopo essere sceso dal kart— Pietro ha intimato al padre Gianmarco, quarantenne direttore-giramondo di un’orchestra che suona musica da ballo: «Domani voglio tornare qui ad allenarmi». Ventiquattr’ore dopo il bimbo (10 gare vinte sulle 20 sinora disputate e 5 «migliori giri» in altrettanti circuiti) ha finito la sua massacrante sessione — 20 minuti in pista, poi 40 di riposo e così via per quattro ore — ed è andato a riposarsi al paddock. Qui, sorpresa, ha incontrato Seb che per dimenticare le liti con l’arrembante compagno di squadra monegasco Leclerc aveva appena concluso 100 giri. La foto dell’italiano e del tedesco —pubblicata dal quotidiano Libertà — vede il «principino» sorridente, felice accanto al campione «che vorrei essere quando sarò grande: Leclerc sì, mi piace, ma non come Vettel». Che lunedì, prima di tornare a Maranello, gli ha dato questo consiglio: «Ascolta tutti, poi guida come sai». Il bimbo ha chiesto ancora: «Puoi farmi un autografo qui?». E gli ha mostrato la parte alta del suo casco che ha preteso con una grafica assai anni Settanta, tutto nero e uguale a quello di James Hunt, vincitore del mondiale 1976 al termine di un’epocale sfida con Niki Lauda fermato solo dall’incidente al Nürburgring . «È il duello raccontato nel film Rush che mio figlio conosce a memoria, avendolo divorato decine e decine di volte» sorride orgoglioso papà Gianmarco entusiasta nel seguire i ritmi di vita dell’aspirante campione.
Da Piacenza, dove vive la famiglia Bagutti, «lo accompagno quattro volte alla settimana al kartodromo di Lonato». Si rientra la sera, «e dopo cena si comincia con lo studio». Pietro, che frequenta la terza elementare, non soltanto va bene a scuola, ma ha anche il tempo di esercitarsi con il pianoforte.
Che il bambino fosse appassionato di motori, Gianmarco lo ha capito ben presto: «Non sapeva ancora parlare e già a due anni riconosceva le auto guardandole dal cofano. Voleva stare in continuazione sul camion che uso per spostarmi con l’orchestra in giro per l’italia, e persino guidarlo. Quando a tre anni gli ho regalato
Il padre
«Non sapeva ancora parlare e già a due anni riconosceva le auto guardando il cofano»
un quad non se ne è più separato e a quattro anni mi ha espressamente chiesto di prendergli un kart. Io non so nemmeno cambiare una candela, lui non fa altro che armeggiare attorno al motore assieme al meccanico».
Bagutti senior (sposato con la trentaquattrenne italo-inglese Cecilia; la coppia ha un’altra bimba di 6 anni) ammette che quella di Pietro «è una passione costosa che io assecondo facendo dei sacrifici economici. Ma anche se gli avessi proibito le corse non avrei fatto altro che rinviare un appuntamento con il destino perché so bene che i motori stanno nel Dna di mio figlio». Mamma Cecilia parla della collezione di macchinine del figlio: «Sta nel garage, io non posso avvicinarmi. Solo lui può riordinarne l’allineamento». Poi c’è lo spirito competitivo, «tracimante: vuole arrivare primo in tutto quello che fa, persino se corriamo a piedi nel giardino. E in gara è lo stesso».
@Alefulloni