PRESTIGIO E RISCHIO DI DECLINO IL FUTURO DELLA CHIESA ITALIANA
Caro Aldo, il concistoro di Papa Francesco ha accentuato la linea di elevare alla porpora il prelato in quanto tale, e non perché Arcivescovo di una sede cardinalizia. In Italia per più di un secolo sono state presenti otto città cardinalizie, esclusa Roma, dove il corrispettivo dell’arcivescovo con la porpora è il Cardinal Vicario per l’urbe, mentre per la Città dal Vaticano, solo dal 1991 il Vicario in pari tempo Arciprete della Basilica di S. Pietro è anche un porporato. Il criterio delle sedi cardinalizie era legato all’importanza. Ma non c’è il rischio della soggettività? Si volle forse privilegiare le capitali dei regni preunitari, ma non comprendo Bologna, dove la giustificazione sarebbe lo status di seconda città dello Stato Pontificio. O forse poiché l’emiliana Bologna è una provincia ecclesiastica con suffraganee romagnole vi fu istituito il seminario regionale per accogliere i chierici della Romagna. Raffaele Ricciuti Fara San Martino (Chieti)
Caro Raffaele,
In effetti è la prima volta a memoria d’uomo che l’arcivescovo di Torino o il patriarca di Venezia – una diocesi che nel Novecento ha dato alla Chiesa tre Papi – non sono cardinali. Come non lo è l’arcivescovo di Palermo, primate di Sicilia, che siede sulla cattedra che fu di Ernesto Ruffini – l’uomo che voleva indurre De Gasperi e Scelba a mettere fuorilegge i comunisti – e di Salvatore Pappalardo, l’uomo della svolta nella lotta della Chiesa alla mafia. In compenso è cardinale il vescovo di Agrigento Francesco Montenegro, la cui diocesi comprende Lampedusa. E il capo della conferenza episcopale – Gualtiero Bassetti, uomo peraltro di grande valore, – è il vescovo di Perugia.
Papa Francesco ha insomma fatto scelte molto personali, com’è nel suo stile. Nell’ultimo concistoro su tredici nuovi cardinali ha scelto un solo italiano, un altro personaggio molto interessante, Matteo Zuppi, di recente messo in croce per un gesto di sensibilità come dare l’occasione anche a chi non può mangiare il maiale di gustare i tortellini (come se qualcuno volesse o potesse impedirci di continuare ad apprezzare la versione tradizionale). La scelta di rendere il collegio cardinalizio ancora più internazionale è giusta e inevitabile, non solo per il respiro universale della Chiesa, ma anche per rintuzzare l’aggressività delle sette evangeliche, dalla Cina all’america Latina.
Non c’è dubbio però che la Chiesa italiana in questi anni si sia impoverita. Il livello dei cardinali è incomparabilmente più alto di quello dei politici. Quando andavi a intervistare Silvestrini e Caffarra (un progressista e un conservatore) respiravi aria di alta montagna, avvertivi studi regolari, centinaia di libri letti. Figurarsi Martini. Lo stesso si può dire di altri porporati viventi. Ma un conto è un inevitabile ridimensionamento del peso dell’italia nel mondo; un altro è il pericolo di un declino dell’influenza e della capacità di elaborazione culturale di una delle poche istituzioni rimaste. Il prestigio non è legato solo a una nomina, certo. Ma nella Chiesa il fattore gerarchico ha un peso.