Corriere della Sera

Esce per Mondadori «Noi felici pochi», firmato con uno pseudonimo che allude al celebre libro di Bret Easton Ellis

- Di Antonio D’orrico

Si chiamerebb­e Patrizio Bati. Il condiziona­le è d’obbligo perché nome e cognome sono l’adattament­o italiano, la nazionaliz­zazione, di Patrick Bateman, il serial killer yuppie di Bret Easton Ellis in American psycho, uno dei romanzi più feroci mai scritti. Quello che nel 1991 Norman Mailer, gran sacerdote della letteratur­a americana pochissimo pagine patinate tenero di con «Vanity i colleghi, Fair» come celebrò il capolavoro sulle che segnava la Nuova Frontiera della fiction. L’italian psycho di cui Patrizio Bati è eroe e autore (il racconto è in primissima persona) si intitola Noi felici pochi ed esce da Mondadori. Sarei fortemente tentato di imitare Norman Mailer (facilitato dal fatto che tradussi il suo

inno a Easton Ellis per l’edizione italiana di «Vanity»). Noi felici pochi è un romanzo che nella pur lunga storia della letteratur­a nazionale non s’era mai visto. Senza bontà, pentimenti, redenzione, moralismo, un romanzo tutto male e azione, nessun selfie ombelicale d’autore. È un romanzo dal vero. Dice l’avvertenza che precede il racconto: «Nelle scene di violenza descritte in questo libro, tutte le persone di cui si parla sono state realmente aggredite e malmenate» (da cui la scelta dell’anonimato da parte dell’autore). Di solito nei romanzi italiani medi ogni riferiment­o alla realtà è puramente casuale, involontar­io.

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