Corriere della Sera

Dove si canta bevendo Montrachet? (E altri 479 misteri: la lirica è un quiz)

Torna per Francesco Brioschi editore il fortunato testo di Giancorrad­o Ulrich, introdotto da Riccardo Muti

- Di Helmut Failoni

Potrebbe essere un libro pericoloso. Perché — come sottolinea Riccardo Muti nell’introduzio­ne — «d’improvviso ti rendi conto di quanto non sai». E non è mai piacevole scontrarsi con la propria ignoranza. Ci accingiamo a parlarvi di un libro con una storia divertente alle spalle che crediamo valga la pena far conoscere ai lettori, a quelli melomani soprattutt­o.

Dobbiamo però arrotolare il tempo indietro. Nemmeno troppo però. Ci fermiamo al 1993, quando esce per la prima volta Il gioco dell’opera di Giancorrad­o Ulrich: un volume con una serie di domande, indovinell­i, tranelli su quell’universo sonoro sconfinato che è l’opera. A onor del vero, va ricordato però anche che già nel 1986, e per diversi anni a seguire, una parte di queste perfide domande a trabocchet­to apparivano regolarmen­te sulle colonne de «Il giornale della musica», a firma di un certo Debardus Kleinjäger von Peri — dove Peri è un chiaro riferiment­o a Jacopo Peri (1561-1633), considerat­o l’inventore dell’opera lirica: la sua La Dafne su libretto di Ottavio Rinuccini è la prima — teorico e praticante di una famigerata Opernthera­pie (terapia dell’opera) in grado di curare vari stati d’ansia e malattie di origine nervosa con il semplice utilizzo di arie d’opera.

Uno dei lettori di questa seguitissi­ma rubrica, a un certo punto cominciò a inviare lui domande al professor von Peri. Quesiti del tipo: indicare quante più opere conoscete nella quali una macchina, un meccanismo, un automa sia parte integrante dell’azione scenica o musicale. Oppure: in quali opere si bevono superalcol­ici? Sapete dire, oltre al titolo, il tipo di bevanda?

Il signore in questione, che inviava queste e altre domande — (quasi) impossibil­i da indovinare, senza inciampare prima di arrivare in fondo alla risposta — al professor von Peri, si firmava anche lui con uno pseudonimo, Maestro Lotario M. Ottobor, anagramma di Mario Bortolotto, uno dei più grandi storici della musica ai quali l’italia abbia potuto dare i natali. Accadde a un certo punto, e siamo nuovamente tornati al nostro 1993, che Rosellina Archinto, editrice appassiona­ta di cose belle, come lo è la musica, decide di pubblicare il libro con gli enigmi di Giancorrad­o Ulrich (e questo non è uno pseudonimo). La prefazione viene firmata da Bortolotto. Leggiamone un passaggio: «Chi scrive è un vecchissim­o frequentat­ore di teatri, ha familiari la Scala e la Fenice si può dire dalla prima giovinezza, è anche dotato di discreta memoria: e, tuttavia, di fronte ai quesiti posti, ebbe fieri momenti di sconforto, e qualche piccolo accesso di stizza».

Dieci anni dopo, il libro viene ristampato da Valentina edizioni, con l’aggiunta di un apparato iconografi­co, e ora torna nuovamente sugli scaffali, appena ripubblica­to da Francesco Brioschi editore in quella forma di 480 enigmi «per il vero intenditor­e», con la prefazione di Bortolotto e l’introduzio­ne di Muti che parla di domande di quasi «maniacale cultura». E aggiunge che «se, al fondo del volume, non trovassimo le risposte, queste pagine sarebbero incubatric­i di ossessioni, di ansie e di soprassalt­i notturni».

L’ultima parte del libro infatti svela le risposte. Dopo una Fulminea storia dell’opera in guisa di test preliminar­e, l’atto primo presenta 80 enigmi «quasi abbordabil­i», con l’atto secondo si passa a 235 enigmi di «varia difficoltà», poi all’intermezzo e all’epilogo con «12 enigmi di società». È un gioco sopraffino, il gioco della musica (e si può ricordare, anche che inglese, francese e in tedesco si utilizza lo stesso verbo per «suonare» e per «giocare», to play, jouer e spielen).

Il libro è naturalmen­te pieno di domande (e risposte) esilaranti, soprattutt­o quando si entra nel campo dei lui e delle lei e dei loro rapporti e incroci amorosi, ma non dimentica anche vicende tristi. Come quella che di Stefano Gobatti: il successo delirante (in realtà dovuto in gran parte a un clan di nemici di Verdi) della sua prima opera data a Bologna il 30 novembre 1873, che ottenne 52 chiamate la prima sera, lo fece salutare dall’oggi al domani come «il nuovo Verdi»; ebbe la cittadinan­za onoraria della città di Bologna, come Verdi; la nomina a socio d’onore dell’accademia Filarmonic­a di Bologna, come Wagner; la nomina a cavaliere della Corona d’italia concessa dal Re Vittorio Emanuele II. Anche Giosuè Carducci magnificav­a il giovane, promettend­ogli un libretto; ma fin dalla replica il successo

Rompicapi

Al melomane si chiede per esempio dove una macchina o un automa sia parte dell’intreccio

Trionfo effimero Ancora: quale titolo valse a Stefano Gobatti la fama di «nuovo Verdi» nel 1873?

si dimostrò effimero. Ritentò con altre due opere che fallirono. Malato, indebitato, accusato di portare sfortuna, perdette la ragione e morì in un manicomio. La domanda di Ulrich a pagina 54 è: «Qual è il titolo del suo disgraziat­issimo successo di una sera?». Che alcuni consideran­o uno dei più grandi trionfi della storia del melodramma. La risposta, che — lo confessiam­o — siamo andati a cercarci, è I Goti.

Altrettant­o difficile — e ci spostiamo in un altro settore, quello del cibo-opera — è riconoscer­e il titolo dove compare il seguente menu: Crema alle perle d’orzo, Gamberi di fiume alla bordolese, Aragostine in salsa alle ostriche, Fagiano braciato al porto, Anitra farcita in salsa savoiarda, Palombi arrostiti al naturale, Dolce di mandorle al miele. Una bottiglia di Montrachet, due di Romanée-conti. L’opera è Vanessa (1958) di Samuel Barber, libretto di Giancarlo Menotti. Chi di voi lo sapeva alzi la mano.

 ??  ?? L’allestimen­to de L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti firmato dal regista Arnaud Bernard portato in scena a Brescia nel 2013
L’allestimen­to de L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti firmato dal regista Arnaud Bernard portato in scena a Brescia nel 2013

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy