Il film nato dall’opera
L’anticipazione Passioni virtuali e solitudine in «The App» La regista Fuksas: «Tradimenti al tempo di Internet Così la storia creata per la lirica è diventata un set»
«Sono rimasta chiusa dentro un ascensore alla Nuvola. Ero nel panico. Non riesco più a prenderne uno. Un’esperienza assolutamente edipica», racconta Elisa Fuksas. Suo padre è il celebre architetto Massimiliano Fuksas, la Nuvola è l’edificio all’eur da lui progettato, ed era uno dei set di The App che sarà disponibile a fine anno su Netflix.
Prigioniera di un padre importante, Elisa ha 38 anni, da piccola voleva fare la cantante lirica, e il suo film, su un triangolo erotico nella svagatezza di una calda estate romana, ha un’origine anomala, nascendo dal suo primo libretto d’opera, in scena lo scorso settembre al Maggio Fiorentino. Dell’opera, su musica di Riccardo Panfili e intitolata Noi, due, quattro, è rimasto l’impianto. L’amore al tempo di Internet. A Firenze la regista ha avuto un solo paletto: la trama doveva riguardare un tradimento, in linea con l’altro atto unico, Pagliacci. «Stavo lavorando a un film sullo Zecchino d’oro. Ho mandato a casa Topo Gigio e mi è tornato alla mente l’articolo di un giornale americano su un sito dedicato alle coppie sposate, dove tutti condividevano lo stesso segreto: siamo marito e moglie ma possiamo divertirci. Il sito venne hackerato e vennero resi pubblici i volti di gente anche nota, attori, politici. Ci furono cinque suicidi, tra cui un prete che si era innamorato di una donna. Soltanto dopo la sua morte si è scoperto che non esisteva. Era virtuale. Si era ucciso per niente». Conclusione: «Anche le cose irreali hanno conseguenze identiche alla realtà».
Lui, lei e l’altra. Dove l’altra è la donna ideale, la donna dei sogni, la donna che non c’è. Nick (Vincenzo Crea) è il rampollo di una famiglia ricca e vuole fare l’attore, è nel film che Abel Ferrara si finge stia girando; Eva (Jessica Cressy) è la moglie, un tipo pragmatico, una borghese risoluta; Maria (Maya Sansa) è un algoritmo. Ma Nick non lo sa, e questa è la grossa differenza rispetto a Her, il film con Joaquin Phoenix e Scarlett Johansson. Nick è Narciso, al posto del lago per guardarsi dentro, si specchia in un’altra immagine liquida: lo schermo del cellulare.
«Lui è innamorato solo di se stesso, e sarà la sua rovina; Maria è la sua donna ideale soltanto perché aveva accesso ai suoi dati, è lo specchio che riesce a indovinare i desideri di Nick e a rispondere in modo giusto, lo seduce sulle cose che lui ama».
L’amore è una questione di calcoli, numeri e emotività. Ma un’emotività malata. Elisa, nell’epoca dei sentimenti digitali, domina il precariato affettivo? «È ancora peggio, siamo soli. La solitudine è una delle mie ossessioni». Abbiamo paura d’amare? «Siamo talmente egoisti che la paura è di perdere qualsiasi cosa. L’algoritmo è come un enzima, accelera i processi di conoscenza e li porta a una verità».
Elisa Fuksas dice di aver girato un film dal sapore retrò eppure molto contemporaneo. Retrò, perché è «come un presentimento del ‘68, è un raccontare cose a un mondo non così pronto ad ascoltarle»; contemporaneo sul piano visivo, le luci fredde e acide degli iphone da cui i protagonisti rimbalzano come fantasmi. Il film è girato anche col cellulare».
On off, acceso, spento. L’iphone è «un buco nero, uno specchio che alimenta il nostro narcisismo, dove vogliamo essere riconoscibili, diversi da come siamo. Chissà se Steve Jobs era fino in fondo consapevole di aver creato un oggetto di design che, da Corviale a via Monte Napoleone, consente a chiunque l’accesso a un mondo sconfinato».
Elisa Fuksas si iscrisse ad Architettura di nascosto, dicendo in famiglia che frequentava Lettere. Sogna un film come Il sorpasso. Ha girato un altro film e un documentario. Poco prolifica? «È molto difficile fare cinema, la globalizzazione di Netflix è stata una garanzia di libertà. È come se sentissi una voce dietro di me: sei la figlia di Fuksas, cos’altro vuoi? Ma mio padre non appartiene al cinema, non sono la figlia di. Faccio fatica perché le persone vedono lui al posto mio. Vorrei essere giudicata per quello che valgo».