Wilson: riconquisto l’infanzia con «Il libro della giungla»
FIRENZE «Ricordo ancora con tenerezza quando mia zia Gertrude diceva a me e a mia sorella: adesso vi racconto una storia... e lo diceva con una voce grave, profonda, accattivante... vivevamo in Texas, non frequentavamo spesso i cinema o i teatri, e noi due bambini non vedevamo l’ora che la zia ci prendesse da parte, e ci promettesse una delle sue belle favole. Una di queste era Il libro della giungla». Bob Wilson ricorda con un pizzico di segreta commozione il suo primo incontro con il romanzo di Kipling che ora porta in scena. Lo spettacolo, intitolato Jungle Book è stato trasformato in una sorta di commedia musicale con il surreale duo folk Cocorosie, e ha già debuttato al Grand Théâtre du Luxembourg, ma nell’ottobre 2020 aprirà la stagione del Teatro La Pergola di Firenze nell’ambito della coproduzione con il Théâtre de la Ville di Parigi. Un cast internazionale di giovani attori-musicisti abiterà l’universo visionario del regista americano: tra i protagonisti, l’attore di cinema Yuming Hey impersona il piccolo Mowgli.
«È una storia classica , dai contenuti universali e l’ho scelta perché intendevo realizzare una messinscena adatta alle famiglie, grandi e piccini ma soprattutto mi piace descrivere il mondo attraverso gli occhi di un bambino. Diceva Baudelaire che il genio non è altro che l’infanzia riconquistata. Attraverso la musica di Cocorosie, attraverso il suono degli strumenti e delle parole, ripercorriamo il viaggio di Mowgli tra i suoi amici animali nel contesto selvaggio della giungla, ricreando un luogo di fantasia e realtà al tempo stesso, in una forma onirica che contribuisce a mantenere il racconto di Kipling immortale, allo stesso modo dei racconti di Esopo, di La Fontaine, di Andersen o di Perrault... insomma di coloro che hanno incantato i lettori, il loro pubblico, per secoli».
Bob Wilson, in questi giorni presente a Firenze proprio per il debutto italiano di Mary said What she said, in cui dirige la Maria Stuarda magistralmente interpretata da Isabelle Huppert, sulla base della pièce di Darryl Pinckney, non è estraneo al fascino del mondo infantile, ma è la prima volta che affronta Il libro della giungla. «Il film che ne fece Walt Disney era sostanzialmente fatto di immagini, con poche parole: un linguaggio visivo che si può capire ovunque, senza problemi. Anche la mia rilettura dell’opera è fortemente visiva, fatta per immagini, che ognuno può recepire a suo modo, secondo i propri sentimenti».