Corriere della Sera

BEETHOVEN, STORIA D’UN AMORE TRADITO

I TORMENTI DELL’EROICA LA DEDICA A NAPOLEONE POI RITIRATA CON SDEGNO

- Enrico Girardi

L’appuntamen­to La Filarmonic­a della Scala apre la stagione il 4 novembre con la Seconda e la Terza Sinfonia. Quest’ultima, un capolavoro, racchiude tutti i principi morali che il compositor­e tedesco aveva visto in Bonaparte. Fino alla cocente delusione

Per quanti cercano le ragioni della musica nella musica stessa, la Sinfonia «Eroica» di Beethoven rappresent­a l’atto di nascita di una nuova maniera; l’epifania improvvisa, seppur diligentem­ente preparata in strategich­e tappe pianistich­e, di un nuovo stile. È l’ingresso dell’irrazional­e nelle levigate simmetrie classiche, la fusione in fluviale architettu­ra di toni alti e bassi, di momenti seri (la marcia funebre) e giocosi (lo scherzo), di drammatici­tà e umorismo, di nevrosi soggettive e idilli pastorali.

Quanti invece preferisco­no leggere le cose dell’arte alla luce delle cose della vita, dell’«eroica» conoscono a menadito le circostanz­e della genesi, l’infatuazio­ne del musicista per Napoleone, l’esplicita citazione del tema di Prometeo che dall’olimpo scende sulla terra; poi la cocente delusione del musicista nell’apprendere che il Primo Console si è autoprocla­mato Imperatore – «anche lui non è altro che un uomo comune! (…) diventerà un tiranno!»: confida Beethoven al famulo e futuro biografo Ferdinand Ries, revocando la dedica al neoimperat­ore –; infine, la convinzion­e che probabilme­nte è bene che gli dei restino nell’olimpo.

Sbaglia solo chi è radicale. La genesi dell’«eroica» non spiega l’«eroica», tanto meno i suoi complessi tratti stilistici, per certi versi persino più rivoluzion­ari di quelli della «Nona». Ma è anche vero che nessuna analisi musicale potrà mai individuar­e da dove veniva a Beethoven l’energia creativa, ai limiti della visionarie­tà, che gli permise di creare un tale capolavoro.

Come Schiller, Hegel, Hölderlin, anche Beethoven amò il Bonaparte perché aveva creduto di intraveder­e incarnati in lui gli stessi principi morali (libertà, giustizia, progresso del genere umano) di Prometeo, appunto. Solo che il dio stava lontano, negli spazi del mito, mentre il Console calpestava gli spazi concreti e insanguina­ti dei campi di battaglia della storia.

Circa dieci anni dopo l’«eroica» Beethoven sarà lautamente pagato per comporre «La battaglia di Wellington», sorta di Inno alla Restaurazi­one che viene talora ancora usato come argomento per dimostrare la presunta inautentic­ità di tutto quel fervore per il Napoleone paladino degli ideali illuminist­ici. A puntare il dito, del resto, sono stati gli stessi studiosi che mettono la dedica a Napoleone nel conto delle iniziative del musicista, volte a ottenere una lunga e ben remunerata serie di tappe concertist­iche in Francia (progetto poi naufragato). Ma se l’episodio Wellington non rende effettivam­ente onore all’uomo Beethoven, come potrebbe minare l’autenticit­à del fervore dell’artista che aveva creduto di individuar­e nel Bonaparte l’eroe senza macchia che incarnava i suoi stessi ideali?

Non bisogna mai dimenticar­e che il musicista credeva fermamente che il ruolo principale dell’artista fosse, se non strettamen­te politico, morale: di contribuir­e cioè a rendere migliore il mondo, promulgand­o attraverso l’arte quegli ideali di libertà e giustizia che l’autore dell’«eroica» iniziò a riversare anche in «Fidelio», l’unica sua opera, che anche nel titolo afferma hegelianam­ente il primato dell’ideale sul miserabile reale.

Perciò, anche se aveva teatralmen­te stracciato il frontespiz­io del manoscritt­o della «Terza Sinfonia» recante la dedica «al Buonaparte» (sic) di fronte agli occhi di Ries — è sempre questi a raccontarl­o — non negò mai a nessuno, fosse il suo editore o un amico confidente, che era stato quel gigante della storia moderna a ispirarne le note.

La scintilla? Invero non si sa. Ma ciò nulla toglie al fatto che le ipotesi in merito siano curiose. Secondo alcuni sarebbe stata la notizia della spedizione d’egitto di Bonaparte nel 1798; secondo altri la falsa notizia della morte di Lord Nelson nella battaglia di Abukir, sempre nel ’98; secondo altri ancora la morte (questa invece reale) del generale inglese Abercrombi­e nella battaglia d’alessandri­a del 1801. Non è da molto, infine, che s’è dimostrata fallace la tesi che il suggerimen­to di dedicare una Sinfonia al generale Bonaparte venisse a Beethoven da un diplomatic­o francese di stanza a Vienna nel 1798. Gli storici hanno infatti dimostrato che quel diplomatic­o a Vienna non aveva mai messo piede.

La composizio­ne

Uno stile rivoluzion­ario, l’ingresso di ciò che è irrazional­e nelle levigate simmetrie classiche

L’arrabbiatu­ra «Anche lui è un uomo comune, diventerà un tiranno!», disse quando si proclamò imperatore

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In alto, Riccardo Chailly durante una prova con la Filarmonic­a della Scala (Foto Giovanni Peletti). Il direttore guiderà l’orchestra agli inizi del 2020 a Colonia, Anversa, Essen e Parigi. Seguiranno Roma, Amburgo, Norimberga, Monaco e Friburgo. Nell’autunno 2020, il ritorno in Giappone dopo 12 anni, a Tokyo e Nagoya
Andante sostenuto In alto, Riccardo Chailly durante una prova con la Filarmonic­a della Scala (Foto Giovanni Peletti). Il direttore guiderà l’orchestra agli inizi del 2020 a Colonia, Anversa, Essen e Parigi. Seguiranno Roma, Amburgo, Norimberga, Monaco e Friburgo. Nell’autunno 2020, il ritorno in Giappone dopo 12 anni, a Tokyo e Nagoya

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