Soltani, violoncello super corteggiato «Ma non mettetemi nessuna etichetta»
Nella stagione 2019-20 il debutto alla Scala con la Filarmonica sarà una delle tante «prime volte» di Kian Soltani con le più grandi orchestre del mondo: lo attendono la Chicago Symphony e la Los Angeles Philharmonic, Monaco, Santa Cecilia ed altre corazzate che si andranno ad aggiungere ad una lista già lunga in cui luccicano i Wiener Philharmoniker, la Staatskapelle Berlin e la Boston Symphony.
Soltani è uno degli astri nascenti del firmamento concertistico internazionale; un destino quasi inevitabile per il ventisettenne violoncellista nato in Austria da famiglia iraniana: «Tutti in famiglia suonavano: genitori, zii, cugini; sono stato immerso nella musica prima ancora di nascere, non ricordo un solo giorno senza le note, tanto è vero che quando andai all’asilo mi stupii che bambini di cinque o sei anni non suonassero uno strumento; io avevo iniziato a quattro e mi sembrava la cosa più naturale e inevitabile del mondo».
Ha duettato con Martha Argerich, è un pupillo di Daniel Barenboim, che lo ha voluto come primo violoncello della Divan Orchestra; proprio con la formazione creata dal maestro argentino è stato anche solista nel Triplo concerto di Beethoven durante una tournée del 2015. I numerosi premi vinti hanno calamitato non solo elogi e attenzioni, ma anche attese e pressioni; eppure lui vive la popolarità con gioia, senza ansie: «Ho debuttato nella Sala d’oro del Musikverein a 19 anni, ma la serata che più mi ha dato adrenalina è stata quella sotto il cielo alla Waldbühne di Berlino: avevo davanti 20 mila persone, mi sono sentito una rockstar». L’affermazione non deve sorprendere: Soltani odia essere «etichettato e messo nella scatola della classica», pensa che «l’aver insistito sulla netta superiorità della classica abbia allontanato molti giovani; invece c’è musica mediocre anche in questo campo e viceversa anche pop, rock e jazz hanno i loro capolavori»; per questo ama definirsi «un musicista che volendo raggiungere l’eccellenza ha dovuto concentrarsi su un genere particolare, e per me è stato la classica; ma tra i compositori d’oggi che mi dedicano nuove opere ci sono anche jazzisti». Non a caso, nella sua personale trinità dei violoncellisti che l’hanno ispirato, al vertice tra Yo Yo Ma e Steve Isserlis c’è Giovanni Sollima, capace di spaziare dal Bach al rock senza soluzione di continuità.
Un indizio del suo particolare modo di approcciare la musica può leggersi anche nelle scelte di repertorio: finora l’autore più antico che aveva suonato in pubblico era Beethoven; alla Scala compirà un passo indietro, affrontando il primo concerto di Haydn.
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