Pd, l’asse elettorale con il Movimento allarma gli ex renziani
Zingaretti: Raggi? Costruiamo l’alternativa. Oggi la direzione
ROMA L’accelerazione di Nicola Zingaretti, che tenta di dare un orizzonte strategico all’alleanza con il Movimento Cinque Stelle, ha spiazzato una parte del Pd.
E non si sta parlando solo di Matteo Orfini, che è stato il primo a contestare l’impostazione del segretario: «Io non voglio costruire un’alleanza con questo M5S che sguazza nell’antipolitica, ritiene che il garantismo sia una bestemmia e che vuole smantellare la democrazia rappresentativa. Io, superata l’emergenza, voglio provare a batterlo».
Orfini è stato il più esplicito ma, alla vigilia della direzione di oggi, il malumore si è allargato anche a «Base riformista», la componente di Lorenzo Guerini e Luca Lotti. Gli ex renziani che sono rimasti nel Pd in queste ore si sono riuniti informalmente per fare il punto della situazione. Il loro leader, Guerini, ha spiegato il suo punto di vista, cercando come è nel suo stile di stemperare le tensioni, ma non per questo non ha tenuto fermi alcuni paletti: «Questa — ha spiegato ai colleghi di «Base riformista» — è un’intesa di governo nata in condizioni particolari. Se ci sono le effettive possibilità si può anche sperimentarla in alcune elezioni locali o regionali, ma oggi definirla un “orizzonte strategico” rischia di essere una forzatura. Un’alleanza nata quaranta giorni fa, giusta, ma con tutte le contraddizioni note non può diventare di colpo un’intesa strategica».
Gli ex renziani sono anche convinti che spostare adesso l’asse del Pd su una prospettiva del genere sia pericoloso anche per un altro motivo. Perché così si rischia di fornire armi e potenziali consensi a Italia viva. È vero che per ora nei sondaggi la creatura politica di Matteo Renzi non decolla, ma, come ha dimostrato la protesta di una parte della base sui social, non tutto l’elettorato del Partito democratico pensa che l’alleanza con i Cinque Stelle si debba fare. Regalare altri voti all’ex premier, secondo i dirigenti di «Base riformista», sarebbe dunque un errore. Perciò Guerini ha spiegato ai suoi: «Il tema va affrontato con intelligenza e prudenza, intanto lavoriamo insieme al governo e vediamo come gli esiti di questo lavoro mettono radici nel Paese». Anche il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, è dello stesso avviso. Secondo lui «immaginare un’alleanza con i Cinque Stelle adesso è molto difficile».
Dunque, un certo disagio per le ultime mosse del segretario c’è. Ma Zingaretti non indietreggia e ieri non ha nascosto di aver apprezzato le parole di Beppe Grillo, favorevole all’intesa. «È giusto ricercare i punti di incontro». Il segretario, invece, è voluto tornare sul presunto appoggio del Pd a Virginia Raggi per chiarire che le parole da lui pronunciate a Otto e mezzo su La7 alcune sere fa hanno destato delle polemiche «inesistenti»: «Il Pd è all’opposizione di questa amministrazione ed è impegnato a costruire un’alternativa e a evitare un altro sindaco come Raggi».
Ma è difficile che oggi in direzione si parli di tutto ciò. E, soprattutto, che si litighi su questo tema. Zingaretti infatti ha deciso di impostare la sua relazione su due punti fondamentali. Il primo, l’agenda del Pd nel governo. «Il Partito democratico — è la tesi del segretario — sarà la forza più unitaria e leale dell’alleanza con un’agenda per costruire e non per distruggere». Il secondo punto, a cui Zingaretti tiene molto, riguarda l’avvio di «una radicale riforma del partito» a dodici anni dalla nascita del Pd.