Corriere della Sera

Disegni e Dolomiti Le «Stagioni» del Pianeta Buzzati

- di Lorenzo Viganò

«ABelluno ci passa d’inverno e d’estate un mucchio di gente, ma pochissimi si fermano. La grandissim­a maggioranz­a manco rallenta per dare un’occhiata: ci sono le Dolomiti che aspettano, più su, e non c’è da perdere un minuto». Scriveva così Dino Buzzati della sua «patria», la città che lo aveva visto nascere in un giorno di ottobre del 1906 nella villa di famiglia di San Pellegrino, a pochi chilometri di distanza; che lo aveva spinto a scalare le sue crode, Schiara in testa (violata la prima volta a 16 anni), che lui chiamava al maschile, «lo» Schiara, «la montagna della mia vita» cui era legato da un rapporto intimo e personale — ogni mattina d’estate, uscito di casa, attraversa­va il giardino fino in fondo senza guardarla, per poi voltarsi e, solo allora, lasciarsi invadere dalla sua bellezza. Una dolomite fatta e finita, con tutte le carte in regola per vantarsene, diceva Buzzati, anche se, si rammaricav­a, quando si pensa alle Dolomiti si pensa a Cortina e non a Belluno, che di quelle cime è la porta. Belluno che oltretutto, sosteneva, pochi, tranne chi ci abita, sanno dove si trova, pensando che sia in Friuli, e i più la conoscono soltanto come vivaio di ottime donne di servizio. «Per il resto, zero via zero».

Soddisfatt­o sarebbe dunque l’autore del Deserto dei Tartari nel sapere che fino al 6 gennaio ci sarà una ragione in più per fare una sosta nella sua città, sfatando credenze e pregiudizi. Soddisfatt­o, ma anche in imbarazzo nello scoprire che è il suo nome, questa volta, a fare da calamita; non i colori della Schiara, non le valli romantiche, non le case che ricordano Venezia, non le nuvole, ma la sua opera, che da quella terra ha tratto ispirazion­e, e prima ancora la sua vita, che fin dall’infanzia si è nutrita dei panorami, dell’aria, della gente di «uno dei posti più belli non già dell’italia ma dell’intero globo terracqueo» in un legame sempre vivo, allora come oggi. Lo conferma la mostra Le stagioni di Buzzati, curata da Marco Perale, presidente dell’associazio­ne Dino Buzzati di Feltre, e ospitata nelle sale della nuova sede di Palazzo Fulcis. Mostra che prende spunto dall’esposizion­e Buzzati 1969. Il laboratori­o di «Poema a fumetti» (sempre a Belluno, nel 2002) ma che anziché concentrar­si su un solo lavoro, allarga l’indagine a una fetta più ampia della sua produzione, in particolar­e alla parte artistica e ai legami tra letteratur­a e pittura, oltre che al vissuto bellunese. Stagioni come momenti di vita, ma anche come stazioni creative, linguaggi, ispirazion­i.

Negli oltre 50 pezzi esposti, tra cui 11 inediti — quadri, pastelli e disegni —, trovano posto lettere e oggetti personali, foto e libri di famiglia: dall’atto di battesimo a tavole di Poema a fumetti e I Miracoli di Val Morel, dal disegno a biro (con scritta al contrario) realizzato per l’albo degli ospiti della casa di Crans-montana di Maria Pia Tavazzani Vecchi (poi Fanfani) alle dediche (di cui Buzzati fu maestro); dagli scacchi con la scatola disegnata all’ultima macchina per scrivere, dagli sci al bastone di cui si servì nella fase finale della vita. In un continuo dialogo tra l’uomo e l’opera che accende una luce in più sul multiforme «Pianeta Buzzati».

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Dino Buzzati e la sua opera Le anime in pena, 1969
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