Veleni e battute fulminanti I due Mattei lottano come se fossero sui social (e il governo non esistesse)
ROMA «A chi mette le mani addosso alle donne… Zac». Dove quello «zac» — e questo Matteo Salvini riesce a farlo intendere solo quando è inquadrato — va interpretato alla luce delle forbici che sta mimando con l’indice e il medio della mano destra, e quindi della «castrazione chimica che abbiamo votato solo della Lega». Poco prima il leader della Lega aveva esclamato il suono «trac», accompagnandolo all’inequivocabile gesto che si fa dischiudendo quattro dita di una mano (pollice escluso) sul palmo della stessa, segno di un eufemistico «fregare». Lì parlava proprio del suo avversario, Renzi, abituato a fregare Salvini i compagni di strada, compreso l’arbitro del confronto Bruno Vespa, «le direbbe “Bruno stai sereno” e via da un’altra parte».
«Questo non è Instagram», aveva tentato di spiegare il leader di Italia viva dopo aver dato per l’ennesima volta del bugiardo all’ex ministro dell’interno, questa volta scandendo che «se cambiare idea fosse segno di intelligenza, lei, Salvini, avrebbe già vinto il premio Nobel per la fisica».
In realtà, il confronto andato in scena ieri chez Vespa assomigliava, a tratti, a una disputa tra utenti di un social network. Con Renzi più calato nella parte di quello che ha studiato per benino ed è pronto a brandire l’arma del factchecking; e Salvini a replicare un po’ impacciato, apparendo però maggiormente sintonizzato sulle attuali onde medie dell’elettorato. «Ha usato i 49 milioni sottratti dalla Lega per finanziare le sue campagne su Facebook?», chiedeva l’ex premier. E l’ex ministro, passando dal lei al tu: «Ma secondo te, se ci avessi tutti quei milioni, starei qui a discutere con te del Papeete?».
Già, il Papeete. L’immagine del vicepremier in costume che sorseggia mojito invece di stare al Viminale è l’arma del primo attacco diretto alla persona, che parte da Renzi e arriva a Salvini. «Era segnato in missione, come se stesse lavorando». E quando il leader della Lega tenta di vestirli lui, i panni del fact-checker , il leader di Italia viva azzanna: «Oh, finalmente qualche numero, anche se Salvini ha chiesto l’aiuto da casa».
In certi momenti, l’atmosfera che si respira negli studi Rai di via Teulada sembra quella di un film di fantascienza che disegna un futuro distopico. Conte viene praticamente ignorato dai contendenti, Di Maio evocato solo in qualche frangente, Zingaretti si guadagna l’unica menzione come governatore della Regione Lazio e non come segretario del Pd. Come se la realtà circostante del governo PDM5S non esistesse o fosse magicamente scomparsa.
Che sia il futuro che immaginano
i due leader per sé stessi, un ring dove gli altri scompaiono come per magia, è un dato acquisito. Fosse stata l’edizione sanremese del 2019, Renzi sarebbe il preparatissimo Mahmoood che vince la sfida grazie alla giuria di qualità, Salvini invece l’ultimo (nel senso della popstar) che ancora eccita le masse. Non sarebbe disputa da social network seria senza il convitato di pietra che a un certo punto, come nella celeberrima scena di Vacanze di Natale, dice all’altro «levateje er vino». Si parla di turnover nella Pubblica amministrazione, Renzi dice che l’aveva iniziata a fare Tremonti, Salvini replica: «Ma sicuro che ci sia solo acqua nel bicchiere che hai davanti?». E l’altro a rispondere: «Fossi in lei non parlerei di alcol».
Ha usato i 49 milioni sottratti dalla Lega per le campagne web? Renzi
Ma secondo te, se avessi tutti quei milioni, starei qui a parlare di Papeete?
Le strategie Renzi ricorre spesso al fact-checking, Salvini cerca le onde medie dell’elettorato