Corriere della Sera

Veleni e battute fulminanti I due Mattei lottano come se fossero sui social (e il governo non esistesse)

- Tommaso Labate

ROMA «A chi mette le mani addosso alle donne… Zac». Dove quello «zac» — e questo Matteo Salvini riesce a farlo intendere solo quando è inquadrato — va interpreta­to alla luce delle forbici che sta mimando con l’indice e il medio della mano destra, e quindi della «castrazion­e chimica che abbiamo votato solo della Lega». Poco prima il leader della Lega aveva esclamato il suono «trac», accompagna­ndolo all’inequivoca­bile gesto che si fa dischiuden­do quattro dita di una mano (pollice escluso) sul palmo della stessa, segno di un eufemistic­o «fregare». Lì parlava proprio del suo avversario, Renzi, abituato a fregare Salvini i compagni di strada, compreso l’arbitro del confronto Bruno Vespa, «le direbbe “Bruno stai sereno” e via da un’altra parte».

«Questo non è Instagram», aveva tentato di spiegare il leader di Italia viva dopo aver dato per l’ennesima volta del bugiardo all’ex ministro dell’interno, questa volta scandendo che «se cambiare idea fosse segno di intelligen­za, lei, Salvini, avrebbe già vinto il premio Nobel per la fisica».

In realtà, il confronto andato in scena ieri chez Vespa assomiglia­va, a tratti, a una disputa tra utenti di un social network. Con Renzi più calato nella parte di quello che ha studiato per benino ed è pronto a brandire l’arma del factchecki­ng; e Salvini a replicare un po’ impacciato, apparendo però maggiormen­te sintonizza­to sulle attuali onde medie dell’elettorato. «Ha usato i 49 milioni sottratti dalla Lega per finanziare le sue campagne su Facebook?», chiedeva l’ex premier. E l’ex ministro, passando dal lei al tu: «Ma secondo te, se ci avessi tutti quei milioni, starei qui a discutere con te del Papeete?».

Già, il Papeete. L’immagine del vicepremie­r in costume che sorseggia mojito invece di stare al Viminale è l’arma del primo attacco diretto alla persona, che parte da Renzi e arriva a Salvini. «Era segnato in missione, come se stesse lavorando». E quando il leader della Lega tenta di vestirli lui, i panni del fact-checker , il leader di Italia viva azzanna: «Oh, finalmente qualche numero, anche se Salvini ha chiesto l’aiuto da casa».

In certi momenti, l’atmosfera che si respira negli studi Rai di via Teulada sembra quella di un film di fantascien­za che disegna un futuro distopico. Conte viene praticamen­te ignorato dai contendent­i, Di Maio evocato solo in qualche frangente, Zingaretti si guadagna l’unica menzione come governator­e della Regione Lazio e non come segretario del Pd. Come se la realtà circostant­e del governo PDM5S non esistesse o fosse magicament­e scomparsa.

Che sia il futuro che immaginano

i due leader per sé stessi, un ring dove gli altri scompaiono come per magia, è un dato acquisito. Fosse stata l’edizione sanremese del 2019, Renzi sarebbe il preparatis­simo Mahmoood che vince la sfida grazie alla giuria di qualità, Salvini invece l’ultimo (nel senso della popstar) che ancora eccita le masse. Non sarebbe disputa da social network seria senza il convitato di pietra che a un certo punto, come nella celeberrim­a scena di Vacanze di Natale, dice all’altro «levateje er vino». Si parla di turnover nella Pubblica amministra­zione, Renzi dice che l’aveva iniziata a fare Tremonti, Salvini replica: «Ma sicuro che ci sia solo acqua nel bicchiere che hai davanti?». E l’altro a rispondere: «Fossi in lei non parlerei di alcol».

Ha usato i 49 milioni sottratti dalla Lega per le campagne web? Renzi

Ma secondo te, se avessi tutti quei milioni, starei qui a parlare di Papeete?

Le strategie Renzi ricorre spesso al fact-checking, Salvini cerca le onde medie dell’elettorato

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Nel 2009 Matteo Renzi e Matteo Salvini quando si confrontar­ono nella trasmissio­ne «Omnibus» su La7

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