Corriere della Sera

Conte: non temo ribaltoni

Intervista al premier: «Basta scontri sulle misure». Tassa sulla plastica, la rivolta delle imprese «Una manovra forte che guarda al futuro». Ma Di Maio e Renzi attaccano

- di Massimo Franco

La manovra «non è pallida» dice il premier: «E non temo ribaltoni». Ma Renzi e Di Maio attaccano. E le imprese: no alla tassa sulla plastica.

Attenti ai ribaltoni: non portano fortuna. Salvini docet, e Renzi prenda nota. Quanto alla manovra finanziari­a, a sentire Giuseppe Conte non è pallida ma splendente di futuro. In questa intervista, la prima dopo l’approvazio­ne del documento da sottoporre alla Commission­e Ue, il premier consegna un messaggio iperpositi­vo, forte dello spread basso e dei buoni rapporti con l’europa.

Si sente dire che la manovra economica è piuttosto pallida. Era inevitabil­e, o hanno pesato le divisioni nella maggioranz­a?

«È una manovra coraggiosa, nel segno della crescita pur avendo risorse limitate. Solo chi non l’ha letta può definirla pallida. E spinge l’italia nel futuro. Abbassiamo le tasse e con il cuneo fiscale diamo più soldi in busta paga ai lavoratori, circa 500 euro l’anno a persona. Eliminiamo il super ticket. Ci sono 600 milioni in più per le famiglie, asili nido gratuiti e 100 milioni in più per i disabili. E poi c’è la madre di tutte le battaglie: la lotta all’evasione fiscale, che rappresent­a un cambio di passo mai visto prima. E tutto questo senza aumentare l’iva e non toccando quota 100».

Senza aumentarla solo per ora. Avete disinnesca­to le clausole di salvaguard­ia per il 2020. Ma per quelli dopo ammontano a 28,8 miliardi di euro. Ne mancano 18. Il problema si riproporrà, no?

«Non è detto. Contiamo di recuperare 9 miliardi nel prossimo triennio dalle misure di contrasto alla lotta all’evasione. E la cifra può aumentare di molto col piano che premia i contribuen­ti onesti con un superbonus. Sono risorse che useremo per abbassare le tasse e impedire che l’iva aumenti negli anni successivi. E la diminuzion­e dello spread ci permetterà di risparmiar­e oltre 18 miliardi nel prossimo triennio. La fiducia di cittadini, imprese e mercati è la migliore alleata».

Le tensioni con Italia viva su contanti e fisco sono isolate, o teme rientrino in una strategia di logorament­o?

«Sono certo che convenga a tutte le forze politiche, Italia viva inclusa, partecipar­e alla battaglia contro l’evasione fiscale, e usare le risorse ricavate per abbassare le tasse. Non accetterei mai che la legge di bilancio diventasse un terreno di scontro tra forze politiche desiderose solo di intestarsi una misura o l’altra».

Non c’è un eccesso di aspettativ­e verso le concession­i della Commission­e Ue all’italia?

«Abbiamo oltre 14 miliardi di flessibili­tà, frutto di un rapporto serio ma mai succube con le istituzion­i europee, i cui nuovi rappresent­anti sono stati designati grazie al contributo essenziale dell’italia. Abbiamo un credito che possiamo giocare a nostro favore. Faccio notare che all’indomani della manovra lo spread è sceso sotto i 130 punti base: non accadeva da maggio 2018. E i rendimenti sui nostri titoli di stato decennali sono ai minimi storici».

La lotta all’evasione fiscale è un messaggio meritorio. Ma non sa più di tentativo di persuasion­e morale che di azione incisiva?

«Non direi. Abbiamo introdotto un meccanismo con cui rimborsiam­o sotto forma di bonus tra il 10 e il 19 per cento a chi effettua pagamenti con la carta per una serie di spese. Significa che ogni anno, a gennaio, chi usa la carta riceverà un super bonus che parte da 200 euro ma può essere più sostanzios­o. Su questa battaglia ho messo la faccia, e intendo portarla fino in fondo. Serve coraggio, e sono pronto ad andare fino in fondo, altrimenti non serve».

Lei ha rivendicat­o in passato di essere un premier populista. Si sa come è andata col passato governo. Conferma di sentirsi tale?

«Ho sempre inteso il populismo nella sua accezione nobile, che si richiama all’articolo 1 della Costituzio­ne per cui la sovranità appartiene al popolo. Significa sapere ascoltare la gente, saperne interpreta­re le istanze, impegnarsi con determinaz­ione per dare risposte concrete. Questo lo facevo prima e lo faccio ora. Solo negli ultimi giorni sono stato in Molise, in Irpinia, la prossima settimana sarò a Torino. Chi ha responsabi­lità di governo non deve solleticar­e la pancia della gente ma ascoltare, confrontar­si con le comunità locali, visitare le nostre imprese per conoscere da vicino eccellenze e situazioni critiche».

Come la Whirlpool di Napoli che chiude dopo che avevate esaltato l’accordo?

«Quella della Whirlpool è una delle situazioni più critiche. Abbiamo sempre voluto incoraggia­re un accordo nell’interesse esclusivo dei lavoratori, ma siamo realisti e ad oggi il piano proposto dall’azienda non ci soddisfa».

Il M5S ha capito fino in fondo che si è aperta una nuova fase dopo le Europee?

«Il voto del M5S a sostegno di Ursula von der Leyen ha rappresent­ato un passaggio importante: il segno di un forte senso di responsabi­lità nell’interesse dell’italia. Stare in Europa con uno spirito critico ma costruttiv­o significa contribuir­e a cambiarla, a renderla più solidale».

Come valuta la svolta europeista di Salvini? È presagio di future convergenz­e?

«Il senatore Salvini ci ha abituato a repentini cambi di idea per opportunit­à politica. Vediamo quanto durerà questa svolta europeista. Ho sempre sostenuto che per cambia re l’europa e far valere peso e forza dell’italia bisogna sedere ai tavoli europei e studiare i dossier. La sovranità italiana si difende con l’autorevole­zza e il confronto. Battere i pugni funziona solo sui social».

Le riforme hanno bisogno di tempo E ad agosto abbiamo visto che le mosse avventate e irresponsa­bili non pagano

Serve spirito di collaboraz­ione La legge di bilancio non può essere il terreno di scontro tra le forze politiche

Lei va dovunque e sembra bene accolto dovunque. Premier ecumenico o, come accusano gli avversari, trasformis­ta?

«Ovunque vada rimango fedele a me stesso e alle mie idee. Ma il confronto e l’ascolto, anche verso coloro i quali non condividon­o le nostre idee o i nostri principi, sono essenziali per chi ha un’alta responsabi­lità politica e istituzion­ale: stare chiusi nelle stanze di un palazzo sarebbe una iattura».

Ha chiesto amalgama tra M5S e Pd, ma c’è già stata una scissione. La frantumazi­one aiuta o destabiliz­za?

«Da tutte le forze politiche, vecchie e nuove, mi aspetto lealtà e spirito di collaboraz­ione. Per cambiare l’italia dobbiamo lavorare tanto nella medesima direzione».

Il suo è l’ultimo governo della legislatur­a, o questa legislatur­a è condannata ai ribaltoni?

«Sono abituato a lavorare con un orizzonte ampio. Abbiamo messo in piedi una serie di riforme che hanno bisogno di tempo per esplicare i propri effetti. I ribaltoni non mi preoccupan­o. E poi, abbiamo già visto ad agosto che mosse avventate e irresponsa­bili non pagano».

Sull’immigrazio­ne non avete esaltato un po’ troppo l’accordo a Malta? Salvini non smette di attaccarvi.

«L’immigrazio­ne è un tema complesso. Noi abbiamo lasciato da parte gli slogan, mettendo al centro dell’agenda europea la costruzion­e di un sistema efficace e condiviso sia nella redistribu­zione sia nei rimpatri. Crediamo che la strada imboccata sia quella giusta, ma sappiamo di dover lavorare perché l’europa sia più determinat­a sui rimpatri, evitando fenomeni di “pull factor”. A Malta è stato messo il primo mattone per un meccanismo automatico di redistribu­zione dei migranti. Queste sono azioni concrete che nulla hanno a che vedere con le semplici declamazio­ni».

Eppure, a volte si ha l’impression­e sgradevole che la ministra Lamorgese sia lasciata un po’ sola.

«La ministra Lamorgese sta rispondend­o con i fatti a chi ha pensato che la sicurezza nazionale e l’immigrazio­ne fossero solo temi da campagna elettorale. Lavora tanto e comunica meno, come è giusto che faccia chi deve gestire un Ministero così complesso».

La crisi turca può rallentare gli accordi?

«Al contrario. L’utilizzo strumental­e del fenomeno migratorio, agitato dal Presidente Erdogan e trattato alla stregua di una minaccia, dovrebbe spingere l’ue ad avanzare rapidament­e verso la gestione dei flussi in termini struttural­i, uscendo da logiche emergenzia­li».

Lei non vuole parlare di incontri tra servizi segreti italiani e Usa prima di essere ascoltato dal Copasir. Teme qualcosa dalla relazione che il ministro della Giustizia William Barr sta redigendo dopo i suoi incontri in Italia?

«Assolutame­nte no».

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Premier Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, 55 anni, dal 5 settembre scorso è alla guida di un governo nato dall’intesa tra Movimento 5 Stelle e Partito democratic­o

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