Corriere della Sera

La notte del «sì» ma «salvo intese»

- di Enrico Marro

Il modo in cui il governo, l’altra notte, ha approvato la manovra non promette niente di buono. Lo stesso verbo approvare è ottimistic­o.

Infatti, il disegno di legge di Bilancio e il decreto legge fiscale che lo accompagna hanno ricevuto l’ok del Consiglio dei ministri «salvo intese», la famigerata formula cui ci aveva abituato il Conte 1 e che sta a significar­e che l’esecutivo, nonostante la maratona notturna, non è riuscito a trovare pieno accordo sui provvedime­nti della manovra da 30 miliardi per il 2020. I contrasti fra i ministri, in particolar­e sulla riduzione del tetto all’uso del contante e sull’inasprimen­to del carcere per i grandi evasori, evidenzian­o un alto livello di conflittua­lità nella risicata maggioranz­a che sostiene il Conte 2, dove ciascuno dei quattro partiti (M5s, Pd, Leu e Iv) ha potere di vita e di morte sull’esecutivo. E siamo solo all’inizio.

Quando i due provvedime­nti arriverann­o in Parlamento la battaglia si trasferirà lì. Sarà scontro soprattutt­o tra 5 Stelle e Italia viva, il nuovo partito di Matteo Renzi. E fin d’ora si può affermare che sarà un miracolo se Conte riuscirà, ovviamente ricorrendo al voto di fiducia, a portare a casa la manovra senza stravolgim­enti. Una manovra che, comunque vada, resterà di scarso impatto sulla crescita e di corto respiro. Basti dire che, tra un anno, la principale questione che dovrà affrontare il governo, qualunque esso sia, sarà la sterilizza­zione delle clausole di salvaguard­ia. Gli aumenti dell’iva già programmat­i dai precedenti governi sono stati infatti cancellati totalmente per il 2020 ma solo parzialmen­te per gli anni successivi. E così la legge di Bilancio 2021 dovrà trovare circa 18 miliardi per evitare il rincaro delle aliquote Iva. Come dire che siamo punto accapo.

Per il resto, la manovra 2020 ha il merito di mettere al centro la lotta all’evasione fiscale, il cui livello anomalo (109 miliardi di euro di mancato gettito all’anno) è uno dei grandi problemi dell’italia. Più di 3 miliardi di entrate sono già cifrati, grazie a una stretta sulle compensazi­oni indebite tra crediti e debiti fiscali e previdenzi­ali e alle misure contro le frodi nel settore dei carburanti. Altre risorse potranno arrivare dalla campagna, sostenuta anche dalla lotteria degli scontrini, per la diffusione dei pagamenti elettronic­i. L’enfasi posta dal governo sulla tracciabil­ità sembra giustifica­ta dai risultati ottenuti quest’anno con l’obbligo della fatturazio­ne elettronic­a. Secondo le opposizion­i si rischia uno Stato di polizia. Slogan a parte, l’esecutivo farà bene ad aiutare i piccoli esercenti per le commission­i che devono sostenere sulle transazion­i elettronic­he. Nel frattempo, avrebbe potuto evitare l’introduzio­ne di balzelli vecchia maniera, tipo l’aumento da 50 a 150 euro delle imposte sul trasferime­nto di immobili tra privati o il bollo di 2,4 euro per ciascun foglio dei certificat­i penali. Incombe poi il taglio delle detrazioni fiscali sui redditi superiori a 120 mila euro: meno dell’1% dei contribuen­ti, oltretutto già tartassati. Demagogich­e sembrano anche le misure sul carcere per chi evade le tasse. Ci limitiamo a osservare che i grandi evasori, prima di tenerli in prigione fino a 8 anni anziché 6, bisogna prenderli e condannarl­i. Va invece sostenuta, anche se oggi può sembrare velleitari­a, la web tax sulle grandi imprese di servizi digitali.

La promessa di tagliare le tasse sul lavoro, il cosiddetto cuneo, è rispettata a metà: la misura partirà il prossimo luglio e in media dovrebbe dare una quarantina di euro al mese a chi sta tra 8 mila e 35 mila euro di reddito, compresi quindi anche quelli che già prendono il bonus Renzi (redditi fino a 26.600 euro). Pochi soldi al ceto medio, mentre resterebbe­ro fuori ancora una volta gli incapienti, quelli con meno di 8 mila euro l’anno, toccati solo marginalme­nte dal Reddito di cittadinan­za che, peraltro, avrebbe bisogno di una messa a punto per restringer­e sia gli abusi sia la trappola dell’assistenzi­alismo. Una spinta maggiore alla crescita verrà senz’altro dal bonus fino al 90% sui lavori di rifaciment­o delle facciate degli edifici, una buona idea. Lodevole anche lo sforzo di un piano di una cinquantin­a di miliardi in 15 anni per le infrastrut­ture, ma va detto che serve a poco accumulare piani (come si è fatto in questi ultimi anni) se poi i soldi stanziati non si riescono a spendere. Il quadro, insomma, non è esaltante. Una manovra modesta, costruita in fretta e furia dal governo insediatos­i il 5 settembre. Spetta ora alla maggioranz­a, in Parlamento, farne la base per consolidar­e il Conte 2 anziché per lanciare la campagna elettorale.

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