Madre Chat
Stai spiando il telefonino di tuo figlio adolescente. Sai bene che non si fa, ma sai anche che non puoi fare altro, perché da qualche tempo lui ti sembra più sfuggente del solito. Scorri le icone e ti imbatti in una sequenza di immagini e parole da togliere il sonno: come non bastassero gli inni a Hitler, al Duce, a Bin Laden, i video con gli sgozzamenti dell’isis e il classico campionario di insulti a ebrei e omosessuali, davanti al tuo sguardo sconvolto sfilano un Cristo inchiodato sopra una croce a forma di svastica, la foto di bambini africani che bevono in una pozzanghera (con il corredo di commenti disgustosi) e una serie non descrivibile di violenze sessuali, persino ai danni di una neonata.
Vorresti svenire e invece devi pensare. Ma chi è questo mostro che ho messo al mondo? Chi sono questi ragazzi che, senza conoscersi tra loro, si scambiano cartoline dell’orrore per sentirsi trasgressivi e alternativi al sistema? La chat a cui partecipa tuo figlio si intitola «The Shoah Party», ma è una festa che qualcuno deve fare finire. Decidi che quel qualcuno sarai tu. Ne parli con la sua preside, siete due madri e vi fate coraggio a vicenda. Insieme andate dai carabinieri. Con il tuo gesto hai smascherato una rete nazionale di guardoni del male, dove il più vecchio ha diciannove anni e il più giovane tredici. Tuo figlio è uno di loro. Hai fatto la scelta più difficile, consegnandolo alla giustizia. Non ti senti bene, ma forse ti senti meglio.