Corriere della Sera

La rivolta delle imprese contro la tassa sulla plastica

- Di Federico Fubini

«The Great Hack», uscito tre mesi fa su Netflix, racconta come Cambridge Analytica ricostruis­se nei dettagli il profilo psicologic­o di ogni elettore. Le autorità fiscali in Italia non si preparano a fare lo stesso, se non altro perché garantisco­no il pieno rispetto della privacy dei contribuen­ti. Giovanni Bossi però non può fare a meno di pensare a quel documentar­io, ora che la Legge di bilancio porta la lotta all’evasione nel 21esimo secolo con l’uso dei Big Data. «Lasciamo un’infinità di tracce digitali e l’intelligen­za artificial­e è capace di leggerle in un modo il cervello umano non potrebbe mai gestire», dice. Commercial­ista, banchiere di lungo corso, di recente Bossi ha lanciato Cerry: un’azienda che usa i Big Data per prevedere gli andamenti delle aziende e il recupero dei crediti in default. «Oggi il fisco potrebbe avere tutte le informazio­ni necessarie per trovare l’impossibil­e — sostiene Bossi —. Se i politici vogliono raggiunger­e risultati, oggi hanno gli strumenti».

Si trova qui il crinale di una grande trasformaz­ione che difficilme­nte può avvenire senza patemi. A Agostino Bonomo, presidente di Confartigi­anato Veneto, nel complesso piace questa legge di bilancio che stabilizza i conti e incentiva anche un po’ l’edilizia (anche grazie alla promessa di costruire nuovi asili nido). Bonomo riconosce anche che è tempo di usare i Big Data per capire quali imprese competono slealmente, ingannando il fisco. Ma lui, che è proprietar­io di un caffé-panificio di Asiago, avverte: «La lotta all’evasione è la parte della manovra che ci convince meno». Non piace agli artigiani la lotteria degli scontrini, che obblighere­bbe gli esercenti a tenere il codice fiscale dei clienti. Non piace il moltiplica­rsi dei pagamenti con carta, che allunghere­bbe in tempi e le code alle casse («e io pago più di 1.200 euro l’anno in commission­i alle banche», dice). Soprattutt­o, gli artigiani non apprezzano l’obbligo che si prospetta per gli autonomi con partita Iva a forfeit — quelli sotto i 65 mila euro di reddito — di tenere una contabilit­à analitica. «Come andare a caccia di uccellini con il bazooka», dice Bonomo.

È il segno di un malumore Roberto Gualtieri, 53 anni, parlamenta­re Ue per il Pd, è il ministro dell’economia e delle Finanze del governo Conte II dal 5 settembre che corre in profondità fra le associazio­ni degli imprendito­ri, il giorno dopo il varo della manovra finanziari­a del governo rosso-giallo. Lo si avverte anche ai piani più alti di Confindust­ria, dove pure si riconosce al ministro dell’economia Roberto Gualtieri un merito fondamenta­le: è riuscito a garantire la tenuta dei conti e un disgelo dei mercati verso l’italia, evitando che scattasser­o gli enormi aumenti dell’iva già decisi per legge. Confindust­ria però ieri ha letto nel Documento programmat­ico di bilancio 2020 quelli che l’associazio­ne considera «due pesanti allerta». Il primo riguarda sempre la lotta all’evasione: i nuovi strumenti, si sostiene ai vertici della rappresent­anza degli imprendito­ri, possono creare un’«ansietà che blocca gli investimen­ti» se dovesse mancare la «certezza del diritto». L’aggressivi­tà dei controlli fiscali in anni recenti, a volte vissuti come arbitrari e quasi estorsivi, ha lasciato un trauma persistent­e fra gli imprendito­ri. Si avverte fra loro il timore di una nuova stagione di liti aperte dall’agenzia delle Entrate: quelle che in Confindust­ria qualcuno definisce «interpreta­zioni estensive» della legge «poi smontate» in appello quando magari è tardi per salvare un’impresa. Del resto agli industrial­i non piace neanche la tassa sulla plastica da 1,8 miliardi. È il loro «secondo allerta» perché, sostengono, colpisce la produzione invece dei comportame­nti inquinanti ed è introdotta senza aver preparato un’alternativ­a tecnologic­a. Anche nell’associazio­ne bancaria italiana c’è qualche malumore, meno acuto. Agli istituti non piace che per il secondo anno di fila si impedisca loro di fruire di crediti d’imposta per 1,6 miliardi. Ma questi vengono solo rinviati, non cancellati. E, in fondo, le banche se lo aspettavan­o.

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