Assassinato a colpi di pistola dentro l’auto Il killer in fuga
La superstite del naufragio a Lampedusa. Le operazioni per recuperare le 12 salme
Le immagini che attraverso un robot arrivano dai fondali di Lampedusa inquadrando anche una giovane donna abbracciata alla sua creatura danno la misura dell’orrore e della pena che al Centro accoglienza dell’isola diventano disperazione per Aminata, la migrante della Costa d’avorio salvata la notte del 7 ottobre con altri 21 sopravvissuti al disastro. Fu lei quella notte, appena recuperata da una motovedetta, ad invocare di cercare la sorella rimasta in acqua con il suo piccolo. Non si capì, però, che indicava non una, ma due sorelle e due bambini finiti in fondo al mare.
Una tragedia riepilogata solo ieri ai volontari dell’oim, l’organizzazione internazionale per le migrazioni, da questa ventenne alta e imponente, Aminata, musulmana, accompagnata due giorni dopo davanti alle 13 salme recuperate, tutte donne. Le trecce lunghe, un piercing sul naso, un neo sulla guancia, cerca un angolo per pregare: «Anche per i miei nipotini e per la sorella che ancora aspetto...».
Spera di averla individuata la seconda sorella nell’immagine sfocata di quella donna filmata a sei miglia dalla costa, a 60 metri di profondità, accanto al suo fagottino. Strazio poi scrutato con pena dai sommozzatori che lavorano per riportare in superficie lei, il bimbo e gli altri annegati. Agghiacciante scoprire un ragazzo inchiodato come un manichino alla fiancata del barchino, il nome leggibile, «Abdelkader». In jeans e maglietta, le braccia proiettate in avanti. Altro flash, un migrante adagiato al fondo, lo stomaco gonfio. Accanto a un uomo con testa in giù, il capo coperto dal cappuccio di una felpa. Una dozzina di corpi immobili, a differenza di vestiti e capelli che seguono i flussi di correnti leggere, come in un macabro acquario. Oggi cominceranno le operazioni per riportarli a galla.
Aminata può solo ricostruire la sventura che le si è rovesciata addosso: «Mi sono ritrovata sola, senza le mie sorelle Nella foto in basso, i vestiti di un migrante e i miei due nipoti quella notte. Due giorni dopo mi hanno mostrato i corpi delle donne recuperate. E ho riconosciuto una delle due sorelle. Ringrazio Dio perché ho potuto fare un funerale e seppellirla. Ma il suo bimbo di quattro anni non c’è. E non c’è l’altra mia sorella con la creatura di otto mesi...».
È quest’ultimo riferimento che potrebbe fare collegare il racconto di Aminata a quella nuova tremenda raffigurazione della Pietà con una donna stretta alla piccola creatura senza nome. Immagine consegnata alla cronaca da Lampedusa in una notte segnata da nuovi arrivi. Con 172 migranti sbarcati al molo Favarolo, subito aggiunti ad altre centinaia di disperati incastrati in un centro accoglienza ormai al collasso. E qui Aminata dopo quasi dieci giorni si muove disinvolta dando una mano agli operatori. Soprattutto in cucina, distribuendo i pasti ai nuovi arrivati.
«Generosa e altruista», come la definiscono i volontari dell’oim che redigono i loro verbali scoprendo quanto sarà comunicato venerdì, giornata europea contro la tratta di essere umani, con un report dell’organizzazione. Report annunciato a Roma da Flavio di Giacomo: «Nell’ultimo anno tante donne come le ivoriane approdate a Lampedusa in questi giorni finiscono prima in Libia e Tunisia sfruttate per lavori domestici, abusate dai loro padroni e poi ritrafficate per sfruttamento in Italia...». La vicenda
● Un robot subacqueo, ieri a Lampedusa, ha mostrato le immagini dei fondali dove giacciono 12 vittime del naufragio avvenuto nella notte fra il 6 e il 7 ottobre
● Sempre ieri i sommozzatori della Guardia costiera hanno iniziato le operazioni per il recupero delle vittime
L’immediato esame del cellulare di Donato Carbone, 63 anni, ex piccolo imprenditore nel settore edile in pensione, assassinato alle 18.43 di ieri, vicino al garage della palazzina dove abitava con la moglie, a Cernusco sul Naviglio, est di Milano, potrebbe aver fornito una prima importate pista agli investigatori. Non si esclude che tra assassino e vittima possano esserci state telefonate o messaggi nei giorni precedenti oppure a ridosso dello stesso delitto, eseguito con una pistola semiautomatica. Il killer ha atteso Carbone, uscito in
Aminata
Appena salvata è stata lei a lanciare l’allarme, le prime tredici vittime erano tutte donne
La vittima Imprenditore edile in pensione, aveva dei piccoli e lontani precedenti penali
macchina per comprare una confezione di insalata per cena, come raccontato al «Corriere» dalla cognata, fra le prime ad accorrere e vedere il corpo crivellato di colpi, la gamba sinistra che penzolava all’esterno dell’abitacolo e la gamba destra dentro la macchina insieme al resto del cadavere. Il killer è scappato a bordo di un’utilitaria rubata a inizio settembre tra Bergamo e Brescia. Immediata la nota di ricerca diffusa a tutte le pattuglie, partendo da una targa parziale divenuta nelle ore completa, grazie al passaggio del veicolo attraverso una delle numerose telecamere delle strade statali intorno a Cernusco sul Naviglio. Il delitto è avvenuto al 17 di via Don Milani, zona residenziale del paese. I carabinieri della Rilievi hanno cercato a lungo eventuali tracce lasciate dal killer nella sua attesa prima di sparare. Carbone aveva piccoli e lontani precedenti. I famigliari sono stati ascoltati a lungo dagli investigatori. La cognata ha escluso che l’uomo avesse dei nemici, ma nessuno esclude che Carbone custodisse segreti non noti a chi viveva insieme a lui.