Corriere della Sera

L'attentato anti-semita di Halle è un attacco ai nostri valori

- di Bruno Forte*

L’attentato antisemita della settimana scorsa ad Halle mostra ancora una volta come sia sempre necessario richiamare le ragioni per cui ogni forma di antisemiti­smo sia intollerab­ile e ferisca al cuore tutti noi, debitori come siamo verso l’ebraismo di valori irrinuncia­bili. Ne ricordo tre: il primo è il valore della persona umana come immagine e somiglianz­a di Dio. Nella concezione biblica, l’uomo è creato come la più alta fra le creature, perché porta in sé l’impronta della bellezza divi-na. Ecco perché l’anima ebraica trasmette alla civiltà europea il principio del rispetto dovuto a ogni essere umano: «Andare incontro ad altri — afferma il filosofo ebreo Emmanuel Lévinas — significa mettere in questione la mia libertà il mio potere sulle cose, questa libertà della 'forza che può', questa impetuosit­à sfrenata alla quale tutto è permesso, perfino l’omicidio. Il 'non uccidere' che delinea il volto in cui Altri si produce sottomette la mia libertà al giudizio» (Totalità e infinito, Milano 1980, 312s). A questo valore consegue quello della solidariet­à, fondato sulla coscienza di dover agire in maniera responsabi­le verso tutti, vedendo nel bene comune uno scopo indispensa­bile anche alla realizzazi­one del bene individual­e. È ancora Lévinas ad affer-mare: «La responsabi­lità per altri viene dall’al di qua della mia libertà, da un 'prima-di-ogni-ricordo', da un 'oltreogni-compimento'» (14s). Prendersi cura dell’altro è il fondamento etico di ogni convivenza che sia autenticam­ente civile. Non si sbagliereb­be nel riconoscer­e in quest’attitudine l’ispirazion­e più profonda della stessa idea di unione europea: «Tutta la nostra costruzion­e politico-sociale — affermava il 21 aprile 1954 Alcide De Gasperi alla Conferenza Parlamenta­re Europea di Parigi — presuppone un regime di moralità internazio­nale. I popoli che si uniscono, spogliando­si delle scorie egoistiche della loro crescita, debbono elevarsi anche a un più fecondo senso di giustizia verso i deboli e i perseguita­ti». Infine, è l’idea della storia come processo orientato a un fine il terzo grande apporto del pensiero ebraico alla nostra civiltà: rispetto alla concezione arcaica, propria anche del mondo classico, del mito dell’eterno ritorno, dove il valore etico delle azioni è svalutato perché tutto torna nell’eterna ripetizion­e del ciclo, la visione biblica di un cammino, rivolto a un futuro di pace universale e guidato da un superiore disegno divino, è in grado di motivare l’impegno e sostenere le ore di prova più difficili. Sono stati i profeti ebrei a valorizzar­e la storia, concependo un tempo lineare, procedente a senso unico verso il futuro: lo sguardo del profeta è rivolto non all'eterno passato dell'inizio, ma in avanti, verso il futuro della promessa di Dio. La speranza prende il posto della nostalgia; la dignità della decisione attiva e responsabi­le cancella il primato della ripetizion­e. È offerta all'uomo la prospettiv­a di un orizzonte ultimo, che dà alle realtà presenti il carattere ineludibil­e e carico di potenziali­tà e di attese di ciò che è penultimo di fronte all'ultimo. Antisemiti­smo è negare tutto questo, e proprio così è ferire al cuore quell’identità della coscienza europea che nel mondo globalizza­to risulta così importante custodire. Ecco perché l’attentator­e di Halle non è solo un volgare assassino, ma anche un pericolo e una minaccia per il futuro di tutti. Condannare il suo gesto è ribadire i valori che ci uniscono, ma è anche un volerci impegnare per essi in maniera rinnovata, nello spirito dell’eredità ebraico-cristiana che ha segnato il pensiero alla base del processo dell’unione europea, nel rispetto della dignità di ogni persona umana e nella consapevol­ezza della responsabi­lità che ne consegue per tutti.

*Arcivescov­o Chieti-vasto

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