Il dolore della mamma «Mio figlio lasciato da solo nel corridoio al piano alto»
La donna: ora spero solo che possa tornare presto a casa
«Mi interessa solo che mio figlio esca da questa sala operatoria e torni a casa, nient’altro. Ma come è possibile che questi bambini stiano in corridoio da soli, e all’ultimo piano di un edificio, se non hanno ancora sei anni, se sono in prima elementare? Noi genitori li affidiamo alla scuola. Con quale fiducia lo rimandiamo, adesso? Bisogna sempre arrivare a una tragedia per rispettare regole di buon senso?».
Sono le 14 quando i medici escono dalla sala operatoria. Per quanto possibile cercano di rassicurare mamma e papà del bimbo caduto dopo un volo di 13 metri dalla tromba delle scale della primaria Pirelli, in via Goffredo da Bussero. Le condizioni sono disperate. Sconvolta, nella sala d’aspetto della Neurochirurgia al Niguarda, arriva anche la maestra d’inglese che stava con gli alunni della classe quando si è sentito il botto e si consumava la tragedia.
Secondo le prime ricostruzioni il bimbo stava tornando in classe dal bagno, qualcosa deve essergli venuto in mente, magari un gioco, è salito sulla ringhiera della scala. La bidella era rimasta in bagno con altri bambini, l’ha perso di vista per un attimo fatale.
Fuori dalla scuola si accalcano i genitori che hanno saputo quasi subito, via Whatsapp. Sono accorsi con l’idea di riprendere i figli e portarseli a casa. Ma nessuno l’ha fatto perché la scuola è riuscita incredibilmente a tenere i piccoli fuori dal dramma, ignari e tranquilli. Per tutto il giorno hanno continuato le lezioni, la mensa, gli intervalli. Sono usciti tutti all’orario normale, le 16.30. Una compagna di classe del bimbo caduto corre con lo zainetto rosa verso la mamma.
«Sai che Ale (nome di fantasia) era uscito per andare in bagno ma poi ha vomitato, allora l’hanno portato dal dottore? — le racconta —. Non è tornato più in classe, ha lasciato la sua brioche della merenda sotto al banco. Nessuno l’ha mangiata perché così domani se la mangia lui».
Alla mamma vengono le lacrime agli occhi. Continua la bimba: «È venuta la maestra dell’altra classe a chiamare la nostra e le ha detto di andare
d Noi affidiamo i nostri figli alla scuola. Con quale fiducia possiamo rimandarceli?
d Gli alunni vanno in bagno da soli sin dalla prima, anche se c’è una bidella a piano
fuori perché Ale aveva vomitato e per il mal di pancia magari lo portavano in ospedale per fargli un massaggino», dice. Racconta, ma pare quasi cercare inconsciamente rassicurazioni. La mamma la abbraccia. Chissà che atmosfera hanno respirato, questi bambini: «La maestra l’ha lasciato andare in bagno, noi ci andiamo da soli però poi fuori c’è la bidella brava e nostra amica, quando è libera ci aiuta».
I genitori sbottano. «Perché dei bambini di prima elementare sono stati sistemati all’ultimo piano dell’edificio? Il corrimano è alto ma vedi cosa può saltare nella testa di un bimbo di neanche sei anni, si dovrebbero sorvegliare tutto il tempo e sappiamo bene che non è possibile», dice un papà. «La bidella è bravissima, ma dov’era?», chiede un altro. La carta della sicurezza della scuola tra i «Doveri dei docenti» mette la «vigilanza durante i trasferimenti interni» e tra i «Doveri dei collaboratori» la «sorveglianza negli spostamenti per recarsi ai servizi». Regole difficili da rispettare.
Una maestra ammette: «Gli alunni sanno andare al bagno da soli fin dalla prima elementare. Per forza. C’è la bidella assegnata al piano e ha esperienza, ma se in quel momento non sta lì o ha altre classi da seguire e loro hanno l’urgenza, non c’è altra soluzione che mandarli comunque. Senza sorveglianza».