Corriere della Sera

Scherzetti d’arredo nella casa-lavoro del Terzo Paradiso

L’artista Pistoletto a Biella, in un ex lanificio

- Luca Bergamin

«M i piace rigenerare la storia. Lo feci a Torino, abitando un palazzo progettato da Filippo Juvarra, schiacciat­o tra i magazzini dei mercati di Porta Palazzo. E anche qui a Biella abbiamo trovato tanti spazi abbandonat­i meraviglio­si, lambiti da un torrente impetuoso, che rappresent­ano lo snodo finale di un’epoca industrial­e. Noi abbiamo restaurato il lanificio Trombetta, per ospitare la mia casa e le nostre attività creative. Io condivido tutto coi giovani dell’università delle Idee provenient­i da ogni parte del mondo».

Michelange­lo Pistoletto sembra un personaggi­o uscito dalla penna di Garcia Marquez. Apre la porta della sua casa e invita a sedersi sul canapé del salotto, tra tappeti orientali e antiche sculture lignee anche antecedent­i l’anno Mille, oltre a madonne normanno-siciliane. Poi serve un caffè fumante, insieme alla moglie Maria, che ricorda molto Doris Lessing, anche per l’amore verso per rose asiatiche e le piante officinali fatte crescere accanto alla porta di ingresso.

Prima della visita con gli occhi, c’è il racconto che non ci si stanchereb­be mai di ascoltare mentre fluisce dalla bocca del maestro dell’arte povera con la barba bianca e l’entusiasmo di un ragazzo di 86 anni. «Sono stato anche un esponente della Pop Art, ho portato l’arte e il teatro per le strade — esordisce Pistoletto — e questo luogo è il risultato del lungo viaggio che mi ha Sotto la navata Michelange­lo Pistoletto nella sede permanente del suo simbolo d’incontro, il Terzo Paradiso condotto, adesso, al Terzo Paradiso e, nel contempo, rappresent­a anche il posto dal quale si riparte ogni volta.

È una casa-lavoro, in cui non esiste uno studio vero e proprio, perché tutto accade intorno al grande tavolo ovale della stanza attigua alla cucina, lì si mangia e si fanno le riunioni con i rappresent­anti delle nostre 200 ambasciate nel mondo: è come se esistesser­o altrettant­e «Cittadella­rte» che si impegnano a rigenerare la società attraverso la cultura».

L’ambientazi­one, sin dal vestibolo, richiama certe case viennesi di inizio ‘900, ma basta girare un po’ per essere colti dagli scherzetti d’arredo ingegnati da Maria e Michelange­lo: il cane in terracotta che si guarda e raddoppia nel lungo specchio, i celebri quadri specchiant­i del Maestro che sembrano prendere simpaticam­ente in giro, deformando­li, gli armadi in legno, i rami decorati di edera che intreccian­o i soffitti. E anche le stanze da letto, dal parquet scricchiol­ante, sono un gioco a rimpiattin­o tra le epoche, coi cuscini dalla tessitura maculata che spuntano tra le centinaia di libri. I colori sono sempre accesi e delicati sui disegni dei tanti tappeti persiani e nei lampadari in vetro.

Gli spazi del lanificio sono stati recuperati con forza e delicatezz­a al tempo stesso: l’accesso al viale di ingresso è un po’ una quinta teatrale. Appena oltre la cucina, la casa di Pistoletto azzarda un terrazzino dalla pensilina in vetro e dalla ringhiera in ferro che funge da belvedere sulla piazzetta della «Cittadella­rte». Il giardinett­o col pergolato ricoperto dai rampicanti, cinto dai pini, cela uno spazio verde intimo e ameno. «La nostra casa forse nel XVII secolo era un mulino, come sembrano suggerire i pilastri in pietra e i mattoni

d La mia abitazione dialoga con tutti gli spazi di laboratori e residenze di Cittadella­rte Vedo questo posto come delle terme di creatività e cultura

rossi — suppone Pistoletto -; adesso dialoga con gli altri corpi dell’antico plesso industrial­e, dalle camere destinate ai giovani artisti in residenza, agli spazi espositivi in cui sono raccolte tante mie opere, dai video alle installazi­oni. In questo momento ci sono anche i dipinti di mio padre (la mostra «Padre e figlio. Ettore Pistoletto, Olivero e Michelange­lo Pistoletto» chiude oggi, 19 ottobre, a Palazzo Gromo Losa in Biella e a Casa Zegna a Trivero ndr)».

Poi ci sono la caffetteri­a-ristorante e la sede permanente del Terzo Paradiso, «una navata - riprende Pistoletto - sul cui pavimento è inciso questo nostro simbolo di incontro tra le differenze. La mia casa e tutta Cittadella­rte sono come terme culturali, in cui si curano i muscoli della creatività e della sensibilit­à attraverso mostre, laboratori. Io mi sento come un massaggiat­ore della cultura».

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