Gustaw Herling polacco di Napoli Aveva vissuto e raccontato il Gulag
Un festival e un Meridiano Mondadori celebrano i cento anni dalla nascita dello scrittore
Era stato costretto a lasciare la Polonia da giovane per via dell’invasione nazista. E non aveva potuto farvi ritorno dopo il 1945, a causa della dittatura comunista imposta dai sovietici. Ma lo scrittore Gustaw Herling-grudzinski — vissuto per la maggior parte della sua vita a Napoli, dove aveva sposato Lidia Croce, figlia del grande filosofo — manteneva con la sua patria un legame identitario saldissimo, testimoniato dal fatto che scriveva tutti i suoi testi letterari in polacco. Una lingua che considerava, disse a Poznan nel 1991 in occasione del primo viaggio compiuto nel suo Paese d’origine dopo il crollo del blocco sovietico, una sorta di «pelle sottile e tesa sul palmo della mano».
Era forte però anche il suo affetto per Napoli, che dal 24 al 26 ottobre gli dedica un festival organizzato dall’istituto di cultura polacco in Italia assieme a diverse istituzioni partenopee. «Era affascinato dalla città — ricorda la figlia Marta Herling — con le sue luci e le sue ombre, amava esplorarne i segreti e le tradizioni. E più in generale ammirava l’arte e i paesaggi del nostro Paese, che era divenuto la sua seconda patria». Proprio a Napoli, nella basilica di Santa Chiara, nasce uno degli ultimi racconti di Herling, Requiem per un campanaro, che durante il festival sarà letto nella basilica stessa dall’attore Toni Servillo (ore 20) nella serata di venerdì 25 ottobre.
Nato cento anni fa, il 20 maggio 1919, e scomparso il 4 luglio del 2000, Herling aveva combattuto coraggiosamente per la causa della libertà nell’ora più buia dell’europa. Quando Hitler e Stalin si erano spartiti la Polonia, nel 1939, aveva fondato un’organizzazione patriottica in lotta contro le due tirannie. Era stato arrestato dai sovietici nel marzo 1940 ed era finito in un campo del Gulag all’estremo Nord della Russia, nella regione di Arkhangelsk. Di quella terribile esperienza aveva lasciato un resoconto impressionante nel libro Un mondo a parte, considerato un capolavoro della letteratura concentrazionaria: uscì a Londra nel 1951 e in Italia da Laterza nel 1958, ma nel nostro Paese con scarsa risonanza.
Ora quel testo, poi riproposto da Rizzoli (1965) e da Feltrinelli (1994), è compreso nel Meridiano Mondadori Etica e letteratura, a cura di Krystyna Jaworska, con un saggio di Wlodzimierz Bolecki e un ricordo di Goffredo Fofi, che in occasione del festival sarà presentato a Napoli il 24 ottobre (ore 17.30) nella Sala dei Baroni di Castel Nuovo. Oltre a Un mondo a parte, il volume include alcuni racconti di Herling e soprattutto il suo Diario scritto di notte, opera di grande finezza e originalità composta a partire dal 1971, che comprende testi narrativi e riflessioni del più vario genere accumulate nel corso del tempo dallo scrittore polacco.
Rilasciato dai sovietici nel gennaio 1942 in seguito all’aggressione tedesca contro l’urss — ma aveva dovuto affrontare un duro sciopero della fame per ottenere la libertà — Herling aveva raggiunto con molti suoi connazionali i territori controllati dai britannici e quindi aveva combattuto i nazisti in Italia, nel corpo polacco del generale Wladyslaw Anders, meritandosi la croce Virtuti militari, massima onorificenza militare polacca. Poi aveva scelto l’esilio e l’opposizione al regime comunista di Varsavia, fondando con altri l’importante rivista «Kultura».
La sua esperienza ne faceva un testimone diretto del Gulag e delle analogie tra il regime nazista e quello sovietico, il che gli aveva procurato forme di ostracismo anche in Italia. «Solo negli anni Novanta — ricorda la figlia Marta, che ha curato la ricchissima cronologia inclusa nel Meridiano — la sua opera è stata riscoperta e valorizzata, soprattutto per merito di Francesco M. Cataluccio». Ma bisogna ricordare che ancora nel 1999 la casa editrice Einaudi rifiutò di pubblicare la conversazione di Herling con Piero Sinatti, che sarebbe dovuta uscire come introduzione ai Racconti di Kolyma di Varlaam Shalamov,
Combattente Rilasciato dai sovietici nel 1942, aveva lottato al fianco degli Alleati per liberare l’italia
Scomodo
Come testimone delle analogie tra Urss e Terzo Reich subì forme di ostracismo
sopravvissuto al Gulag. Poi il testo uscì presso la piccola editrice napoletana L’ancora del Mediterraneo con il titolo Ricordare, raccontare.
Insomma il festival di Napoli rimedia anche alla scarsa attenzione rivolta per lunghi anni (a parte ambienti minoritari come il Partito radicale e la rivista «Tempo Presente» di Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte) a un grande scrittore europeo che viveva nel nostro Paese, portatore di una profonda spiritualità e di saldi valori liberali. «Era un patriota polacco — ricorda Marta Herling —, ma estraneo al nazionalismo etnico. Anche per via delle sue origini ebraiche, insisteva sulla vocazione pluralista ed europea della Polonia: un richiamo che mi pare molto attuale».