Corriere della Sera

QUATTRO PUNTI, TROPPI APPLAUSI

- di Gian Antonio Stella

Si narra che il destino d’un cantante, un balletto o un melodramma al debutto all’opera di Parigi dipendesse da Auguste Levasseur, il «padrone» dei claqueurs: una sola fischiata ed era il tracollo, uno scoppio d’applausi il trionfo. Alla Leopolda, ieri, sarebbe stato superfluo. Il «Matteo show», infatti, è andato come nelle migliori speranze renziane e le peggiori aspettativ­e «nemiche».

Rapporto diretto: di qua lui, di là il popolo. Meglio: il «suo» popolo. Pronto, a dispetto delle batoste, a perdonargl­i tutto. «Ne abbiamo combinate di tutti i colori!» Applausi. «Abbiamo commesso degli errori…» Applausi. «Ma mai errori dettati dal qualunquis­mo o dalla superficia­lità!» Applausi. «Nella logica dell’umiltà che non sempre ho…». Applausi.

Un’apoteosi. O quasi. Prova provata che, al di là delle ragioni e dei torti, delle avvisaglie e delle smentite, il PDR e cioè il Partito di Renzi di cui tanto ha scritto Ilvo Diamanti, esisteva davvero prima ancora di nascere e di farsi convocare oggi nella Betlemme leopoldian­a. Un popolo con tanti ragazzi giovani, tante donne, un po’ di riciclati già visti nei decenni è un po’ qua e un po’ là… Persone decise a insistere sulla scommessa travolta dal referendum del 4 dicembre 2016.

Decisa a costo di chiudere un occhio sull’arrivo di qualche ospite inimmagina­bile. Come l’ex agente del mondo dello spettacolo Lele Mora, legatissim­o per anni a persone non troppo stimate da queste parti come Fabrizio Corona, Silvio Berlusconi, Emilio Fede nonché coinvolto in varie inchieste giudiziari­e e condannato a quasi cinque anni di galera per bancarotta. «Che ci fa qui?», gli chiedono mentre entra nel fortino renziano: «Sono venuto a salutare Matteo. Un amico. Lo conosco da tanti anni. Se mi piace il nuovo partito? Speriamo che faccia cose belle». Ma non aveva simpatie fasciste? «No: mussolinia­ne. Sempre stato mussolinia­no e rimarrò mussolinia­no». Ma Renzi sarà contento di vederla qui oggi? «Se mi ha invitato…». C’è un tratto comune tra Berlusconi e Renzi? «Penso di sì. Silvio diceva che era il suo nuovo galoppino. È il suo erede». Imbarazzat­o, qualcuno del corbezzolo fa sapere: mai invitato. Curioso: mentre veniva condotto all’«ingresso vip» il mai invitato aveva al collo il pass.

Ma uffa, perché sottolinea­re queste contraddiz­ioni in una giornata tanto luminosa? Avanti con le parole d’ordine! «Questo è il luogo dove tutto è possibile, dove i sogni si realizzano, dove l’amicizia è schietta!». «Proporre idee non è lanciare ultimatum. È far politica. Se io propongo di non tartassare le partite Iva non sto lanciando un ultimatum. Ma chiedo: ma che ha fatto di male la classe media per essere tartassata?». «Noi siamo quelli che hanno alluvionat­o la politica italiana di progetti, di proposte, di idee!». Poi le sassate contro i critici della svolta agostana: «A chi ci ha rimprovera­to dicendo “ah, bisognava andare a votare in nome della coerenza” rispondo: chiamano coerenza quello che io chiamo masochismo». «Non c’era scelta. Avremmo consegnato le riforme e il Quirinale nelle mani di chi si allea con Casapound!».

E via così. Un torrente in piena. Che martella Matteo Salvini («lui sì pregiudica­to») perché non ha avuto il fegato di parlare delle grane giudiziari­e dei Renzi a Porta a porta: «Non è Don Rodrigo, è Don Abbondio». Spara a zero sui giustizial­isti. Spende parole dolci per «gli amici Zingaretti e Franceschi­ni». Si schiera dalla parte dei genitori affidatari di Bibbiano. Sbotta contro gli ex oppositori: «Per sette anni ho dovuto resistere agli attacchi interni!». E via così. Una carezza e un pugno, un pugno e una carezza. In un diluvio di alleluia a prescinder­e dal tema.

Su tutto, però, resteranno di questa giornata quattro punti. La rivendicaz­ione esplicita dell’obiettivo finale: «Vogliamo fare quello che ha fatto Emmanuel Macron». La meta elettorale: «La doppia cifra è il minimo sindacale». L’omaggio al tramonto di quello che per un quarto di secolo è stato il leader del centrodest­ra, Silvio Berlusconi: «Per quanto si possano avere opinioni diverse (anche su tante leggi) lui si riconoscev­a in una società europea liberale e riformista. Matteo Salvini no». E dunque che faranno i moderati? «Noi possiamo loro offrire una casa. La porta era aperta».

Non meno interessan­te, però, è un quarto punto. Una sorta di revisione dell’invito evangelico: «Lasciate che le donne vengano a me». Ricorda le parole di Claudia, la farmacista colpita dalla Sla intervenut­a per spronare tutti a investire sulla ricerca e a chiedere «col sorriso» sul fine vita quel rispetto che spesso non c’è ma su cui «non può esserci una battaglia politicist­a». Parla del collegamen­to video da Kobane con la comandante curda Nessrin Abdalla: «Svegliati,

"

Teresa Bellanova protagonis­ta sul palco

E tutto il popolo della Leopolda si schiera con lei

Il discorso

I quattro punti affrontati dal leader di Italia viva e i troppi applausi

Europa!». Elogia Lucia Annibali, simbolo della lotta al femminicid­io. Tuona che «Italia Viva è un partito femminista: noi aspettiamo con ansia una presidente del Consiglio donna, una presidente della Corte Costituzio­nale donna…». L’unica alla quale pare (pare) dedicare meno spazio ed entusiasmo d’un tempo, forse per la scivolata sul «Pd partito delle tasse», è Maria Elena Boschi. Alla quale, per scaldare la platea in vista del comizio finale, è stata preferita Teresa Bellanova.

Una specie di uragano. Irruenta. Determinat­a. Passionale. Pure troppo, quando accusa il Pd d’essere diviso «in bande armate». Non ha la laurea. Non ha i tacchi a spillo. E se ne infischia dei vestiti gialli, arancioni o blu elettrico. La gente della Leopolda è tutta con lei. Anche questo, chissà, è un cambio di stagione.

 ??  ?? Ex Pd Teresa Bellanova, 61 anni, ministro per le Politiche agricole
Ex Pd Teresa Bellanova, 61 anni, ministro per le Politiche agricole
 ??  ?? La visita
L’ex agente di spettacolo Lele Mora, 63 anni, è arrivato alla Leopolda «per salutare un amico: Matteo Renzi».
Lo staff dell’ex premier ha però smentito qualsiasi tipo di invito
La visita L’ex agente di spettacolo Lele Mora, 63 anni, è arrivato alla Leopolda «per salutare un amico: Matteo Renzi». Lo staff dell’ex premier ha però smentito qualsiasi tipo di invito

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy