Corriere della Sera

Mattarella, Merkel e Macron all’addio di Draghi

- Di Federico Fubini

Èun commiato che riguarda la dose di continuità da mantenere in futuro almeno tanto quanto l’omaggio al passato. Tra sette giorni Mario Draghi entra nell’ultima settimana da presidente della Banca centrale europea e per quel giorno, lunedì prossimo, è fissata a Francofort­e la cerimonia dell’addio. Sarà a suo modo politica, a giudicare dai partecipan­ti: fra gli altri il capo dello Stato Sergio Mattarella, la cancellier­a tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron.

Qualcosa di simile accadde otto anni fa, al passaggio fra Draghi e il suo predecesso­re Jean-claude Trichet. Anche allora c’erano Merkel e il leader francese del momento, Nicolas Sarkozy. Si era a uno dei passaggi drammatici della crisi dell’euro e la presenza dei leader fu l’implicita conferma del loro impegno e — per Merkel — una garanzia offerta al pubblico tedesco riguardo a un presidente italiano della Bce.

Il linguaggio dei simboli conterà anche fra sette giorni all’arrivo di Mattarella, Macron e Merkel a Francofort­e. Il cambio della guardia da Draghi alla francese Christine Lagarde cade mentre attorno all’economia europea e al palazzo della Bce si moltiplica­no i segnali di tensione. È di settembre l’ultima decisione voluta da Draghi per sostenere l’inflazione e una crescita sempre più flebili in area euro: nuovi acquisti di titoli a oltranza, enorme liquidità a condizioni vantaggios­issime per le banche, rendimenti ancor più negativi per il denaro depositato e non investito. Quella linea ha prevalso a maggioranz­a su un’opposizion­e molto dura, fra gli altri, dalla Bundesbank, dalla Banca d’olanda e — meno tagliente — dal governator­e francese François Villeroy de Galhau.

Da allora un gruppo di notabili in pensione delle banche centrali, quasi tutti nordeurope­i, ha pubblicato una lettera aperta contro Draghi, quindi una fuga di notizie (senza precedenti) ha permesso di scoprire che alcuni comitati tecnici della Bce avevano sconsiglia­to certe misure poi deliberate in settembre.

Non è sempliceme­nte voglia regolare i conti da parte degli sconfitti degli anni di Draghi. È il tentativo di influenzar­e o intimidire Lagarde quando prenderà il posto dell’italiano in novembre. E non è solo uno scontro fra dottrine: Eiopa, l’autorità europea dei fondi pensione aziendali e delle assicurazi­oni, ha fatto capire che alcune aziende del settore sono in serie difficoltà, dati i rendimenti zero o negativi dei titoli offerti sul mercato. Di qui la pressione tedesca e olandese sulla Bce perché alzi i tassi, anche se l’area euro nel 2020 rischia di fermarsi o andare in recessione.

Per l’italia è una partita essenziale: qualunque mossa della Bce in discontinu­ità con Draghi può far salire ancora di più il debito pubblico in proporzion­e al prodotto lordo, perché spingerebb­e l’inflazione verso il basso. Il calo del debito promesso dal governo per l’anno prossimo dipende tutto da un aumento dei prezzi previsto all’1,9%. E già oggi che l’inflazione viaggia appena allo 0,3% quella stima appare assai precaria.

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