Corriere della Sera

Brexit, tre lettere (e un tribunale)

Johnson «aggira» la legge e punta all’uscita il 31 ottobre. Sconcerto a Bruxelles. E una causa in Scozia

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Luigi Ippolito

LONDRA Invece del gioco delle tre carte, il gioco delle tre lettere. Sabato notte Boris Johnson ha spedito ben tre missive a Bruxelles: una, non firmata, per chiedere una proroga della Brexit, un’altra che era la fotocopia della legge che lo obbligava a quella mossa, e una terza, questa volta firmata, in cui diceva che no, la proroga non s’ha da fare.

Un bel grattacapo, per gli europei. Il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha fatto sapere ieri che consulterà rapidament­e i leader dei 27 «per decidere come reagire». Ma in realtà sono tutti costretti ad aspettare i prossimi atti dello psicodramm­a in corso a Londra.

Il prologo è andato in scena sabato pomeriggio a Westminste­r. Johnson sperava di mettere ai voti l’accordo con la Ue faticosame­nte raggiunto la settimana scorsa: invece i deputati hanno passato un emendament­o che imponeva un ennesimo rinvio della Brexit, almeno fino a quando non sarà stata messa in piedi tutta la legislazio­ne necessaria a garantire una uscita ordinata dall’unione Europea.

A quel punto Johnson ha rinunciato a far approvare il suo accordo: e così è scattata una legge, varata a inizio settembre, che gli imponeva di chiedere, entro la mezzanotte del 19 ottobre, un rinvio della Brexit in mancanza di una intesa suggellata.

Ma come si suol dire: fatta la legge, trovato l’inganno. Consistent­e proprio nell’invio della tripla lettera a Bruxelles: con la terza che smentisce le prime due. Una mossa che non è stata digerita bene e che già oggi verrà sfidata in un tribunale scozzese: perché, dicono gli avversari del premier, è stata rispettata la forma della legge, ma non certo la sua sostanza.

Boris Johnson tuttavia non si perde d’animo. Già oggi, o al massimo domani, proverà a ripresenta­re in Parlamento, a Westminste­r, il testo dell’accordo con Bruxelles: e i conteggi informali indicano che potrebbe riuscire a raccattare una maggioranz­a. Ieri ha spedito in television­e i suoi ministri più fidati per assicurare che non ci saranno indugi: la Brexit si farà come previsto il 31 ottobre.

Ma intanto i laburisti si preparano a dare battaglia. E annunciano che presentera­nno un emendament­o per fare in modo che, se l’intesa verrà approvata, dovrà comunque essere sottoposta a un referendum confermati­vo: con l’opzione di rimanere nella Ue.

Ma cosa succede se l’accordo non viene approvato entro il 31 ottobre? In teoria scatta il no deal, la Brexit a precipizio, senza intese. A meno che l’europa non dia retta alla prima lettera: e conceda una proroga. Questa è l’ipotesi più probabile: perché i leader dei 27 non si vogliono accollare la responsabi­lità di un divorzio traumatico. Già si discute della durata del rinvio: potrebbe essere una breve «estensione tecnica», ma si parla anche di una proroga più lunga, fino alla fine di gennaio o addirittur­a fino a giugno prossimo.

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