Corriere della Sera

Il borgo degli artisti in lotta col Demanio «Siamo come Pompei»

I residenti: «Andarcene? Mai, qui abbiamo costruito un sogno»

- dal nostro inviato Marco Imarisio

BUSSANA VECCHIA (IMPERIA) La scritta «vendesi» pitturata sull’asfalto stradale non è un gran biglietto di visita. L’offerta riguarda una villa umbertina abbandonat­a da anni, sulla salita che porta al paese vero e proprio. Nel giardino coperto di rovi spuntano i tronchi anneriti e mozzati di due palme. Dopo l’ultima rampa, ecco Bussana vecchia. Anche la Macondo del nord Italia, come la definì durante una visita ormai lontana un Michail Gorbaciov in vena di lirismo, non se la passa molto bene.

Negli anni Sessanta, un borgo in cima a una collina sopra Sanremo, stretta tra il mare e le Alpi marittime, divenne una piccola utopia del nord ovest. Era disabitato dal 1887 dopo che un terremoto l’aveva semidistru­tto. Il pittore Vanni Giuffrè e il ceramista torinese Mario Giani furono i primi a lanciare l’idea di una «Comunità internazio­nale degli artisti», un villaggio aperto a chiunque cercasse un posto dove trovare ispirazion­e. Ancora oggi, che siamo ormai arrivati alla terza generazion­e, è un segreto ben custodito tra Genova e Torino, meta di turisti in visita fugace, che si aggirano tra le bellissime e un po’ sconnesse stradine risalenti al 1400 e di rado comprano qualcosa dai pochi negozi.

L’utopia di un tempo è appassita, come sostengono gli stessi residenti, una sessantina, ma forse meno, chissà quanti sono davvero. Gli abitanti di Bussana vecchia vanno e vengono, da quei lontani e promettent­i anni Sessanta. «Uno scambio continuo» spiega il pittore Juan Pablo Betancourt­h. «Occupiamo le case disabitate, le sistemiamo. Non siamo proprietar­i ma è come se lo fossimo». Al Demanio la pensano in altro modo. Bussana vecchia è ormai anche sinonimo di pantano giuridico. Una situazione che si trascina da anni tra cause, corsi e ricorsi al Tar, in uno stallo decennale che solo in questi giorni ha visto qualche nuova mossa.

«Giuridicam­ente, siamo come Pompei, solo ancora vivi».

L’unica cosa certa ormai è che non possiamo più stare fermi nella nostra bolla Angelo Cantù

Negli anni 70 ho portato qui in gita i miei alunni. Poi non me ne sono più andata Daniela Parente

Sistemiamo le case disabitate Non siamo i proprietar­i, però è come se lo fossimo Juan Pablo Betancourt­h

Alla fine degli anni Settanta una giovane insegnante di educazione fisica è in gita di classe a Loano. Decide di portare gli alunni in visita al borgo degli artisti. «Mi sono seduta su un muretto. Ho pensato che sarebbe stato un sogno vivere qui». Più di trent’anni dopo, l’ex professore­ssa Daniela Parente è una delle memorie storiche di Bussana vecchia. «All’epoca c’era ancora quel che manca oggi. Un progetto. Ora si è persa una visione collettiva».

Con ordine, anche se non è facile in questo groviglio di burocrazia. Nel 1983, il Demanio, proprietar­io del borgo dismesso, cancella ogni precedente intestazio­ne a catasto. I residenti diventano occupanti abusivi. Seguono alcuni ordini di sgombero mai eseguiti. Sono ancora gli anni belli. Ogni tanto si fanno vedere Peter Gabriel e altri ospiti illustri. Bussana vecchia è di moda. Nel 1999 il ministro dei Beni culturali Giovanna Melandri concede il vincolo di «patrimonio storico indisponib­ile» al borgo, equiparand­olo appunto a Pompei. Nessuno può toccare nulla. Se non chi ci abita, ma senza dirlo in giro. Gli abitanti si prendono cura di tutto, dagli impianti fognari all’illuminazi­one. Nel 2017 il Demanio stabilisce che il borgo non è più in sicurezza. Al tempo stesso chiede indennizzi per l’occupazion­e degli immobili, calcolati sul loro stato attuale. Arrivano cartelle esattorial­i da 20.000 a 180.000 euro. Scattano decine di cause legali e ricorsi al Tar.

L’intenzione del Demanio è di consegnare il borgo al comune di Sanremo. In questi giorni il sindaco Alberto Biancheri ha scritto al ministro Dario Franceschi­ni, chiedendo la rimozione del vincolo, per poter vendere gli immobili e chiudere i contenzios­i. Ma qui la vicenda assume toni kafkiani. Perché il piano di riqualific­azione prevede un’asta delle case alla quale per legge può partecipar­e solo chi ha sanato ogni pendenza con lo Stato. Quindi tutti, tranne gli attuali residenti di Bussana vecchia. E prima di procedere ai bandi di vendita, il Comune dovrebbe applicare il piano di messa in sicurezza preparato dal Demanio. Costo previsto, 40 milioni. Ne discende la richiesta di partecipaz­ione inviata dal sindaco all’unione europea, alla Regione, a chiunque disponga di quella cifra.

«L’unica cosa certa è che non possiamo più stare fermi nella nostra bolla. Anche se il noi, l’idea di comunità, sono ormai parole grosse». La casa di Angelo Cantù nella via degli Archi è una prova di quanto

Gorbaciov in visita La definì la Macondo italiana. Alla fine degli anni Novanta divenne patrimonio storico

sia complicata questa storia. Otto anni fa, quando ne prese possesso, era un rudere su tre piani, dal tetto e dai pavimenti sfondati. Oggi è una bella abitazione, con basi solide e ampi spazi che l’attuale inquilino vorrebbe mettere a disposizio­ne delle scuole artistiche della zona. «Mi mandi via? Prima pagami i lavori che abbiamo fatto, nelle case e nelle strade». Possibile, anzi probabile, che non cambi nulla, come in privato sostengono tutti. Forse la bolla di Bussana vecchia continuerà a galleggiar­e in questo angolo di paradiso. Ma ogni cosa ha un prezzo. Come lo sono l’immobilism­o, l’impossibil­ità di organizzar­e eventi, di farsi notare, zitti e mosca altrimenti salta tutto. Perché talvolta anche per le vecchie utopie sopravvive­re equivale a morire ogni giorno.

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