ITALIANI
era l’omaggio che mio padre avrebbe voluto fargli».
Quando ha deciso che avrebbe fatto il musicista?
«L’ho desiderato sin da bambino. Ero attratto dagli strumenti a tastiera, così come i ragazzini della mia età amavano il pallone o la bicicletta... Amavo in particolare l’organo e, siccome ovviamente non ne disponevo, disegnai su una tavola i tasti, scrivendoci sopra i rispettivi suoni: blin, blon, blen... Non solo: prendevo le cassette di frutta vuote, le univo con lo spago per mimare un impianto di amplificazione».
I primi maestri?
«I maestri veri sono quelli che incontri nella vita, gli altri semmai sono dei punti di riferimento, che per me sono stati Luigi Tenco, Tom Waits, Fabrizio De André... Il mio primo incontro significativo nella vita è stato con un giovane insegnante di liscio, che sapeva suonare e mi insegnò i primi rudimenti al pianoforte. Però nei paesi dell’emilia Romagna, come quello dove vivevo io, Scandiano, e dove sono tuttora residente, a quell’epoca dominava il ballo non solo nelle balere, ma nelle feste dell’unità, ai matrimoni... Si mangiava tanto e si ballava allo sfinimento... E io guardavo ammirato quelle coppie che si scatenavano e sudavano, sudavano... si squagliavano di sudore... gli uomini, come spugne imbevute d’acqua, erano costretti a togliersi la giacca, poi la camicia...».
Tanta passione per la musica, ma lei ha studiato economia all’università di Parma...
«Questa materia mi interessava per carattere sociale».
In che senso, scusi?
il suo
«Intendiamoci, non l’economia da ricchi, ma quella che parla dei salari, dei diritti dei lavoratori, delle disuguaglianze, delle rivendicazioni sindacali... insomma, volevo capirne i meccanismi per rendermi utile alla comunità».
Però ha cambiato strada e ha abbandonato gli studi economici. I suoi genitori sono stati contenti di avere un figlio musicista o lo avrebbero preferito impiegato magari in banca?
«Ogni genitore ambisce, per il proprio figlio, al posto fisso, ne è attratto come da un centro di gravità... Devo dire, però, che non ho avuto opposizioni particolari da parte loro, perché non avevo un’azienda familiare da portare avanti e il vantaggio di avere poco è che hai meno da perdere... sei più libero nelle scelte. Mio padre si limitò a dire una frase lapidaCon Adriano
Il mito di mio padre era Celentano. Quando l’ho incontrato mi sono inginocchiato davanti a lui: era l’omaggio che papà avrebbe voluto fargli
La tendina della nonna Tratto la Rete come faceva la mia nonna in Irpinia con il televisore: gli metteva una tendina sopra perché lo considerava un intruso in casa