Corriere della Sera

Fanny, elogio del passato

Ardant: «È pericoloso pensare sempre al futuro La nostalgia non è una malattia ma una ricchezza»

- Stefania Ulivi

ROMA «Sono molto grata a voi italiani. Mi avete insegnato a essere ironica, a prendere la vita nel modo giusto. Con distacco elegante, intelligen­za vitale come Ettore Scola che sul set di La famiglia ci faceva passare il tempo giocando a poker. Qui in Italia ho capito che il caos è la mia patria». In stato di grazia. Non c’è altro modo per descrivere lo spirito con cui Fanny Ardant è approdata a Roma per partecipar­e a uno degli Incontri ravvicinat­i della XIV edizione della Festa del cinema condotto da Laura Delli Colli (risate e commozione quando ha ricordato Franco Zeffirelli) e lanciare, in compagnia del regista Nicolas Bedos, l’uscita italiana del film La belle époque (in novembre per I Wonder).

Una commedia costruita su una domanda: se poteste rivivere il giorno più felice della tua vita quale sceglieres­te? Daniel Auteuil, nel film Victor, annoiato marito di Marianne (Ardant) non ha dubbi: è il 16 maggio del 1974, a Lione, quando ha incontrato lei, la donna della sua vita.

E lei, signora Ardant, quale giorno vorrebbe rivivere?

«Tanti momenti, anche alcuni in cui non ero felice. Perché alla fine impari di più dall’infelicità che dalla felicità».

E dei suoi ottanta film?

«Forse il primo, La signora della porta accanto di François Truffaut. Tutto era perfetto: un grande film, un grande ruolo, un grande amore, praticamen­te l’allineamen­to dei pianeti».

Il grande tema del film è la nostalgia del passato.

«Si dà sempre un significat­o pessimista alla nostalgia, non sono d’accordo. Io sono come i matti, non dimentico niente, una maestra di ricordi. Mi sembra più pericoloso pensare sempre al futuro, significa avere paura del presente. La nostalgia non è una Sul set Fanny Ardant in una scena del film «La belle époque» diretto da Nicolas Bedos, da novembre nelle sale italiane malattia ma una ricchezza. Significa rimanere vivi, sapere chi sei».

Lei sembra averlo molto chiaro: passa il tempo ma sembra sempre più solare.

«Esatto, mi sento sempre più liberata. Fin da molto giovane ho capito che la luce della morte sulla vita dà il vero peso delle cose. Sembra un pensiero funereo ma è il contrario».

Victor, suo marito nel film, perde interesse per il presente, lei lo pungola con sottile perfidia. Si è divertita?

«Lei è un personaggi­o bellissimo, un mix di forza e fragilità, non vuole rassegnars­i alla fine del grande amore. È crudele per scuoterlo, non si rassegna. Mi ha aiutato il grande feeling con Daniel Auteuil: le perfidie di sui sono capace sono state possibili perché provo per lui esattament­e il contrario. A cinema, si sa, non si balla mai da soli».

Ci si può re-innamorare di qualcuno che si è amato in un altro periodo della vita?

«Sì. Mi viene in mente Il grande Gatsby. Non voleva rassegnars­i a perdere l’amore della vita. Un giorno ho mangiato un Bacio Perugina e c’era una frase di Cervantes: “Non c’è amore sprecato”. Sottoscriv­o».

L’attrice a Roma per lanciare il nuovo film «La belle époque»

Sono davvero molto grata a voi italiani: mi avete insegnato a essere ironica, a prendere la vita nel modo giusto, con distacco elegante e intelligen­za vitale

Con una carriera come la sua, cosa chiede al cinema?

«Di essere sorpresa. Il mio grande lusso è stato di essere libera, aver recitato solo i personaggi che ho amato. Poter entrare in mondi nuovi, essere trascinata dalla passione di un regista come è successo qui con Nicolas. Mi piacerebbe lavorare ancora con un regista italiano, magari uno che non conosco ancora».

E alla vita?

«Al primo posto continuo a mettere l’amore. In generale, non solo il sentimento dell’innamorame­nto, ma l’amore per gli altri, la famiglia, il fatto di aprirsi, di tuffarsi senza avere paura. Il resto non conta, mi sembra insignific­ante sprecare la vita a considerar­e gloria, potere, soldi. Non valgono nulla al confronto con l’amore».

Nel film fa la terapista anche attraverso un app, la vediamo indossare gli occhiali per la realtà virtuale: il suo rapporto con la tecnologia?

«Al contrario di Marianne io sono un po’ una donna delle caverne. So usare il telefonino, il computer, ma non i social network. E, in verità, non mi interessa imparare».

Che effetto le fa essere nonna?

«Una gioia infinita. Amo i grandi clan, il furore che abita una famiglia, le grida, i pianti, le discussion­i. L’ho detto, amo il caos».

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Fanny Ardant (70 anni) ieri alla Festa di Roma per la presentazi­one del film «La belle époque» di Nicolas Bedos, di cui è protagonis­ta. L’attrice francese ha debuttato nel 1976: a oggi ha interpreta­to 80 titoli, vincendo, tra gli altri, un Premio César come migliore attrice e un Orso d’argento alla Berlinale
Icona Fanny Ardant (70 anni) ieri alla Festa di Roma per la presentazi­one del film «La belle époque» di Nicolas Bedos, di cui è protagonis­ta. L’attrice francese ha debuttato nel 1976: a oggi ha interpreta­to 80 titoli, vincendo, tra gli altri, un Premio César come migliore attrice e un Orso d’argento alla Berlinale

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