Alleanze, soldi e colpi bassi Lo sport litiga: rischio paralisi
Malagò contro Sabelli, i dubbi di Spadafora. Le grane di Micciché in Lega
Non c’è dubbio che veder giocare Ronaldo, Lukaku, Insigne, Immobile, Belotti, Suso, Dzeko, Muriel sia molto più divertente. Ma lo sport italiano vive altre partite, tutte rivolte al potere: è la «Champions Power» che si gioca in Italia tra tatticismi, alleanze, tradimenti, gossip e colpi bassi.
Il centro dei veleni
Il match tra Giovanni Malagò e Rocco Sabelli è da pesi massimi. Il primo è il presidente di un Coni depotenziato dalla nuova riforma dello sport che ha inventato e dato soldi e forza a Sport e Salute guidata da Sabelli: su questo ring le regole è come se non esistessero. Il fatto più grave è che lo sport italiano a livello olimpico è organizzativamente paralizzato. Malagò, l’uomo che ha portato i Giochi invernali 2026 in Italia, a Milano-cortina, è sotto attacco, talvolta si difende con troppo impeto. Federazioni forti come calcio (Gravina), basket (Petrucci), tennis (Binaghi), nuoto (Barelli), pallavolo (Cattaneo) si sono schierate subito dalla parte di Sabelli e Sport e Salute. Non aspettavano altro, da sempre sono nemici di Malagò. Semmai desta qualche sorpresa il più attivo, anche il più preparato di tutti, Gianni Petrucci, per il solo fatto che è stato presidente del Coni per 14 anni. «Ma il mio Coni non esiste più...», ripete non a torto Petrucci. Mai dimenticare che il potere economico per legge, una cassaforte da 500 milioni circa, è passata sotto la gestione di Sabelli, manager nuovo dello sport, ma sicuramente preparato. A Malagò sono rimaste le briciole.
Giochi, il nodo dell’a.d.
È nata una lotta senza esclusione di colpi, dalla gestione dei biglietti della tribuna d’onore dell’olimpico, al blocco delle password dei canali social contesi tra Coni e Sport e Salute, ai parcheggi dell’olimpico, compresi i pass che danno accesso al ristorante del Foro Italico. Che livello... Dovrebbe far da paciere il ministro dello Sport (e delle Politiche giovanili) Vincenzo Spadafora che si è distinto per opinioni variegate. Prima dice di voler rispettare l’autonomia, poi fa sapere che aspetta il presidente del Cio in Italia (e non si può fare). Prima va a Verona e apprezza il lavoro fatto finora da Milanocortina, poi 48 ore dopo manifesta irritazione per modalità e procedure nella scelta del futuro ad di Milano-cortina, iscrivendosi d’ufficio al partito degli anti-malagò.
Qualche segnale positivo, forse proprio per merito di Spadafora, c’è stato. Nelle prossime ore Malagò e Sabelli dovrebbero vedersi e firmare il contratto di servizio tra Coni e Sport e Salute (ma la guerra non finirà senza una distinzione netta di poteri, ruoli e spazi, come pretende la Carta Olimpica del Cio). A novembre si dovrebbe conoscere l’ad di Milano-cortina, nomina agevolata dal passo indietro di Stefano Domenicali, n. 1 di Lamborghini. Ora in pole molti vedono Tom Mockridge, ex Sky, ma parla «poco» l’italiano. Non è un problema piccolo, soprattutto perché nella «job description» approvata c’è la perfetta conoscenza della lingua (e nel dossier Mockridge stilato da Spencer Stuart è indicata come «discreta»). Gli altri due rivali sono Alberto Baldan e Vincenzo Novari. Sempre a novembre a Losanna l’incontro tra il presidente del Cio Bach, Spadafora e Malagò per un chiarimento su Milanocortina. Sono in arrivo dal Cio 925 milioni: bisognerà essere seri, e il Cio non accetterà mai di affidarli alla politica.
Anche il calcio diviso
Un match ne chiama un altro, quello in Lega serie A dove viene messa in discussione l’elezione di Miccichè. La sua presidenza nasce nel marzo 2018 all’unanimità con voto palese individuale: i voti nell’urna non furono mai scrutinati perché non necessario. Su spinta di Preziosi, presidente del Genoa, e Lotito, presidente della Lazio, ogni tanto si tira in ballo la non regolarità di quella nomina. Al punto tale che è nata un’indagine federale affidata al procuratore Giuseppe Pecoraro, dato per traballante. Se fosse messa in discussione la forma di quella elezione sarebbe da valutare la reazione di Miccichè.
La torta dei diritti tv
Tutto questo in quel teatro (a volte purtroppo teatrino) dove va in scena la gara dei diritti tv 2021-2024. Qui, la partita è addirittura enorme e si balla tra Sky e un ipotetico canale tv della Lega affidato a Mediapro. È battaglia anche qui dove i manager operativi in partita spesso interpretano ruoli confusi, servendo interessi che confliggono e naturalmente guadagnandoci sempre. E i manager sono sempre gli stessi, quelli bravi restano all’estero. Quanto a diritti tv, in Premier (Inghilterra), Liga (Spagna), Bundesliga (Germania) e persino Ligue (Francia) ci sanno fare, lavorano e vendono molto meglio. Nel ballatoio italiano invece si litiga. Presto nel 2020 si giocherà la partita per la corsa alla Federcalcio. Gravina si sta allenando, ma non è il solo. Occhio anche lì ai colpi bassi...