Corriere della Sera

Alta tensione tra il Pd e Italia viva Prodi: mi ricordano il mio governo

La preoccupaz­ione del Professore per le liti: è un rischio se la visibilità diventa l’obiettivo

- Dino Martirano

«Le liti tra gli alleati del nuovo governo sono tra le cose che mi preoccupan­o di più perché è stata la mia stessa esperienza...». Parla il fondatore dell’ulivo, il professor Romano Prodi, che da premier fu sfiduciato in Parlamento, prima nel ’98 e poi nel 2008, al culmine di un crescendo di risse nei suoi governi che si estendevan­o da Rifondazio­ne comunista ai centristi di Lamberto Dini e di Clemente Mastella. Oggi i protagonis­ti sono cambiati ma la dinamica di auto-logorament­o dell’esecutivo, almeno nell’analisi del professore di Bologna, sembra la stessa: «Quando in un governo la visibilità diventa l’obiettivo di una parte di coloro che sono al governo, questo è a rischio. Io ho esperienza in materia: al governo si va per governare insieme e non per rendere visibile il proprio partito o il proprio gruppo. Tutto qua...».

Romano Prodi parla ai microfoni di «Quarta Repubblica», su Retequattr­o, nel giorno della prima «verifica» davvero impegnativ­a nel governo di coalizione guidato da Giuseppe Conte. Sembra un ritorno alle liturgie del passato anche se oggi i protagonis­ti dell’assedio a Palazzo Chigi, e ai conti della manovra, si chiamano Matteo Renzi, che ha sfruttato tutta la potenza di fuoco della Leopolda, e Luigi Di Maio, che non vuole restare in seconda linea sul fronte delle tasse e del tetto ai contanti.

Le preoccupaz­ioni di Prodi sono, ovviamente, il «pane quotidiano» servito in casa del Pd con il segretario Nicola Zingaretti che ogni giorno è costretto ad affrontare il calvario interno culminato con la scissione voluta da Matteo Renzi. «Ho sentito anche toni profondame­nte sbagliati alla Leopolda. Attacchi sguaiati», ha detto l’ex segretario dem Maurizio Martina. Che poi ha aggiunto: «Mi dispiace per certe falsità perché io invece ho rispetto per chi è andato alla Leopolda». Meno diplomatic­a la formula utilizzata dal ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia: «Renzi è andato via dal Pd perché non è uomo di sinistra e forse non lo è mai stato, gli auguro buona fortuna ma a lui e alla Boschi chiedo di non fare questi scivoloni con una comunità che a loro ha dato molto».

L’accusa lanciata dalla Leopolda contro il «Pd partito delle tasse» scotta molto al Nazareno. E l’ex presidente della Camera Laura Boldrini sottolinea le contraddiz­ioni dei renziani: «Sono stati nel Pd fino a poche settimane fa; le tasse quando erano al governo le hanno messe anche loro. Dirlo è stato, secondo me, un errore di calcolo da parte di Maria Elena Boschi».

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Le tre Grazie, opera di Tvboy, in cui l’artista dipinge Renzi come il Cupido che scocca la freccia verso Conte, Di Maio e Zingaretti
A Roma Le tre Grazie, opera di Tvboy, in cui l’artista dipinge Renzi come il Cupido che scocca la freccia verso Conte, Di Maio e Zingaretti

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