Corriere della Sera

Così in Italia la ricchezza è cresciuta più del reddito È la società signorile di massa

Ricolfi: «Il nostro è un tipo unico di configuraz­ione sociale»

- di Dario Di Vico

Come si concilia la fine della crescita economica con l’affermarsi di un consumo opulento di massa? Come possono stare insieme due fenomenolo­gie apparentem­ente opposte come quella dei Neet e dei ristoranti pieni? Alle domande che in diverse occasioni ci siamo posti un po’ tutti arriva oggi una risposta secca del sociologo torinese Luca Ricolfi: «L’italia è un tipo unico di configuraz­ione sociale. È una “società signorile di massa”, il prodotto dell’innesto di elementi feudali nel corpo principale che pure resta capitalist­ico». La vis polemica di Ricolfi è conosciuta e apprezzata da tempo ma nel suo ultimo lavoro, La società signorile di massa (La nave di Teseo) il sociologo torinese si è dato un obiettivo più ambizioso: una rilettura delle basi sia antropolog­iche sia materiali di una società dove il numero di cittadini che non lavorano ha superato ampiamente il numero di quelli che lavorano, l’accesso ai consumi opulenti ha raggiunto una larga parte della popolazion­e e la produttivi­tà è ferma da 20 anni. Nella definizion­e che fa da titolo all’intero lavoro Ricolfi riconosce un debito culturale nei confronti del suo antico maestro Claudio Napoleoni. Ad alimentare i consumi sono per prime le rendite, la fonte su cui da sempre nobili, proprietar­i e classe agiata hanno poggiato le loro vite. Siamo diventati signori senza essere stati capitalist­i.

È tra gli anni Ottanta e i primi anni Duemila che la ricostruzi­one di Ricolfi colloca i passaggi-chiave verso una società opulenta, che poi descrive così: «Non l’auto ma la sesono conda auto con gli optional. Non la casa, ma la seconda casa al mare o in montagna. Non la bici ma le costose attrezzatu­re da sub o da sci. Non le solite vacanze d’agosto dai parenti ma weekend lunghi e ripetuti. E ancora: i corsi di judo, l’apericena, i mega schermi piatti. Un consumo che eccede i bisogni essenziali, supera il triplo del livello di sussistenz­a». Come testimonia­no anche i 107 miliardi di spesa per il gioco d’azzardo, il 65% di vacanze lunghe, un’auto e mezza per famiglia, le ripetizion­i a manetta per i figli, il 36% iscritto a palestre e centri fitness e la cifra-monstre di 8 milioni di consumator­i di sostanze illegali.

Questa società signorile, che consuma più di quanto produca, a Ricolfi appare indubitabi­lmente malata e si regge su tre pilastri. La ricchezza reale e finanziari­a accumulata dai nonni, la distruzion­e della scuola e, infine, la formazione di un’infrastrut­tura schiavisti­ca, un esercito di paria al servizio dei Signori. Nel 1951 la ricchezza media della famiglia italiana era di circa 100 mila euro, negli anni ’90 era salita a 350 mila — grazie al debito pubblico e alle bolle speculativ­e immobiliar­i — e oggi viaggia su quota 400.«La ricchezza è cresciuta più del reddito» annota Ricolfi. Che riserva parole durissime allo stato di (cattiva) salute della scuola. È stata l’istruzione senza qualità a generare il fenomeno della disoccupaz­ione volontaria che il sociologo riassume simbolicam­ente nella storia di un pizzaiolo piemontese tra i migliori d’italia che in otto mesi non è riuscito a coprire un posto da cameriere nel suo locale. «I titoli di studio rilasciati dalla scuola e dall’università eccessivi rispetto alle capacità effettivam­ente trasmesse — rincara Ricolfi — La scolarizza­zione di massa ha moltiplica­to il numero di aspiranti a posizioni sociali medio-alte ma il numero di tali posizioni resta invariato». I giovani però possono permetters­i di rifiutare offerte di lavoro che giudicano inadeguate perché nonni e padri hanno accumulato una quantità di ricchezza senza precedenti. Infine il lato oscuro della società signorile: la «struttura paraschiav­istica», quella parte della popolazion­e residente, per lo più straniera, collocata in ruoli servili a beneficio dei cittadini italiani. Chi sono i paria di Ricolfi? Lavoratori stagionali spesso africani, prostitute, colf, dipendenti in nero, facchini della logistica, muratori dell’est. Un esercito di 2,7 milioni di persone che genera surplus e eroga servizi a famiglie e imprese e «senza i quali la comunità dei cittadini italiani non potrebbe consumare come fa». Ma l’italia dei Troppi Signori e dei Tanti Paraschiav­i ha un futuro? La sentenza di Ricolfi non lascia adito a dubbi: «Il nostro stupefacen­te equilibrio è destinato a rompersi, la stagnazion­e diverrà declino. La società signorile è un prodotto a termine».

La previsione

«Il nostro stupefacen­te equilibrio destinato a rompersi, la stagnazion­e diventerà declino»

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La società signorile di massa, di Luca Ricolfi, ed. La nave di Teseo, pp. 272, 18 €. Il saggio sarà in libreria da giovedì
Il libro La società signorile di massa, di Luca Ricolfi, ed. La nave di Teseo, pp. 272, 18 €. Il saggio sarà in libreria da giovedì

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