Sacchi di sabbia fuori dai negozi «In auto 2 ore per fare tre km»
L’isola è bella ma non ci vivrei. È il pensiero dei pochi che hanno scelto di stare lontano dal nuovo quartiere calamita di Milano. All’isola, ai piedi di Gae Aulenti, ci vanno tutti. Eppure ogni volta che di pioggia ne viene giù tanta è uno dei primi quartieri ad andare in apnea, sotto i capricci del fiume Seveso. «Una piccola Venezia», dicono i più disfattisti. Ma anche ieri, pure i più ottimisti hanno dovuto convivere con un blackout dietro l’altro: «Senza luce e soprattutto Internet, che in un quartiere come questo in cui tanti lavorano in proprio è un bel disagio», racconta Valeria Zanoni, che fa la pr.
Milano ha vissuto ieri i disagi di una città sottacqua. Un risveglio complicato. Chi ha deciso di uscire in macchina è rimasto imbottigliato nel traffico: «Due ore e mezza per fare tre chilometri», dice Giovanni, dopo aver parcheggiato e aver perso i primi due appuntamenti di giornata. Non è andata meglio a chi ha scelto i mezzi: «Linee in ritardo e abbiamo viaggiato schiacciati come sardine», dice Lucia, 18 anni, scendendo dalla linea verde. In superficie, tram e autobus a passo d’uomo. «È colpa della Raggi», ironizza un ciclista che sembra uscito da un autolavaggio. Vita dura anche per i pedoni, in un continuo slalom tra pozzanghere sotto gli idranti degli schizzi delle macchine.
Il peggio si è vissuto alle prime ore del mattino. Per effetto della botta d’acqua venuta giù nella notte. I primi a lanciare l’allarme sono stati i tassisti. Raccontano di strade allagate, di fiumi di fango,
dBlackout
Sui mezzi abbiamo viaggiato come sardine E il quartiere è rimasto senza luce e internet dell’albero venuto giù dietro all’arena Civica, che fa da passaggio a livello. Di sottopassaggi che sembrano piscine olimpioniche. Il tetris del traffico si completa sulle tangenziali esterne dove si è registrato anche un tamponamento mortale. Alle 5 del pomeriggio non serve zoomare su Google Maps per vedere il serpentone di mezzi incolonnati.
All’isola, Luca e Cristina che hanno un negozio di vestiti vintage stanno mettendo i sacchi di sabbia fuori dalla porta per murare l’acqua. «Noi come chiunque abita da queste parti siamo abituati. Nessuno qui utilizza più nemmeno le cantine», raccontano. Restano vuote. E con quello che costano da queste parti è un bel lusso da mantenere.