Corriere della Sera

Fuggito dopo il colloquio con i servizi sociali

Aveva appena ottenuto l’idoneità sportiva

- Stefano Bensa Rinaldo Frignani

CASTELFRAN­CO VENETO (TREVISO) Aveva appena iniziato la corsetta di riscaldame­nto, prima dell’ora di educazione fisica nel campetto dell’istituto Tecnico Tecnologic­o «Eugenio Barsanti» di Castelfran­co Veneto, nel Trevigiano. All’improvviso, Sukhraj Rathor, 14 anni compiuti a settembre e residente a Riese Pio X con la famiglia, è crollato a terra privo di sensi. Sukhraj è stato subito soccorso dalla professore­ssa con il defibrilla­tore in uso alla scuola, mentre in pochi minuti è arrivata l’ambulanza del 118, dall’ospedale San Giacomo. Ma il cuore di Sukhraj, nonostante i lunghi tentativi di rianimazio­ne, non ha più ripreso a battere. E ora il padre chiede giustizia: «Mi hanno tolto mio figlio, voglio sapere come è stato possibile».

Il magistrato di turno Mara Giovanna De Donà ha aperto un’inchiesta disponendo l’autopsia. Perché la fine di Sukhraj, calciatore dell’unione Riesespine­da-vallà di Riese Pio X, è avvenuta a soli quattro giorni dal rilascio del certificat­o di idoneità sportiva da parte dell’usl 2 Marca Trevigiana, e a tre dal primo allenament­o sostenuto dopo oltre un anno di stop per altri malori (svenimenti, ma fonti mediche parlano anche di una forma di epilessia) a casa e a scuola, fin dall’infanzia. «Domenica avrebbe dovuto giocare la prima partita, ma ha dovuto saltare il match per impediment­i familiari», spiega Pietro Gazzola, presidente della società sportiva. Che ricorda come Sukhraj, alcune settimane fa, fu sottoposto alla prima visita medica all’ospedale di Castelfran­co Veneto, che non passò. «Ma la famiglia ha deciso di proseguire con approfondi­menti ulteriori e, giovedì scorso, il medico lo aveva giudicato idoneo». Sukraj era nato a Castelfran­co Veneto da genitori indiani di etnia Sikh. La sua famiglia è conosciuta e stimata: il fratello 26enne è un ingegnere meccanico della Steelco di Riese, considerat­o un «piccolo genio». Domenica aveva incontrato la società sportiva perché voleva allenare gli esordienti. Sukhraj voleva seguire la stessa strada. Negli occhi dei compagni resta l’immagine dell’amico a terra, poco distante il turbante blu che indossava sempre, rotolato via dopo il malore. E, in ospedale, il grido disperato dei genitori: «Diteci perché». A scuola Sukhraj Rathor (a sinistra), studente 14enne di origini indiane, morto a scuola durante l’ora di educazione fisica per un arresto cardiocirc­olatorio. Abitava con la sua famiglia a Riese Pio (Treviso)

Il «puffetto» non si trovava da giovedì mattina. All’alba si era vestito, aveva indossato una felpa rossa e nera con il cappuccio, i jeans e un paio di Nike Air Max ed era uscito da casa della zia, nel quartiere di Campo dell’oro, alla periferia di Civitavecc­hia. Solo poche ore prima Alessandro, 14 anni, aveva capito durante un colloquio con un’assistente sociale del Comune che presto — proprio giovedì — sarebbe tornato in casa famiglia. Questo il motivo per cui il ragazzino era fuggito, lasciando di proposito dalla zia il suo telefonino, per non farsi ritrovare. Ma ieri sera una pattuglia della polizia ferroviari­a lo ha notato alla stazione di Bologna.

Gli agenti si sono avvicinati e hanno capito che era proprio lui. Alessandro era stanco. È stato accompagna­to in ospedale. Ma sta bene e in nottata è stato riaccompag­nato. Dopo una prima segnalazio­ne del Comune, la madre e la nonna avevano sporto venerdì denuncia di scomparsa al commissari­ato di Civitavecc­hia. Chi indagava non aveva inizialmen­te escluso che il ragazzo — che in passato ha vissuto anche dalla nonna e vive una realtà piuttosto delicata — potesse essersi rifugiato da qualcuno pur di evitare la casa famiglia.

In poche ore la pagina Facebook del papà aveva ricevuto oltre 62 mila contatti, con più di 8 mila commenti. Una mobilitazi­one nazionale per ritrovare il ragazzino. Per la mamma il figlio è «un ragazzo con tanta paura di essere portato via», aveva spiegato. «Alessandro è buono, si fida di tutti e non vorrei si fosse fidato della persona sbagliata», aveva scritto anche lei su Facebook. Perfino gli autisti della Civitavecc­hia Servizi Pubblici avevano partecipat­o alle ricerche. E l’assessore ai Servizi Alessandra Riccetti aveva lanciato un appello alla cittadinan­za. Ma il padre del ragazzo non l’aveva mandata a dire: «Mio figlio è impaurito e disperato, i servizi sociali con continue pressioni mentali vogliono rinchiuder­lo senza motivo in una struttura inadeguata. Ale, puffetto mio, torna a casa che papà non permette a nessuno di farti del male». In serata per fortuna la conclusion­e della vicenda, ma ora la Polfer vuole capire dove Alessandro abbia passato gli ultimi quattro giorni. Felpa e jeans Il 14enne scomparso giovedì scorso dall’abitazione della zia a Campo dell’oro, periferia di Civitavecc­hia, dopo un colloquio con i servizi sociali. Dopo quattro giorni è stato ritrovato a Bologna

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