Da «Amore» a «Tenacia», istruzioni per la felicità
Il saggio di un cacciatore di teste e di una psicologa spiega come migliorare le relazioni. «Senza fuggire»
Lo facciamo tutti: fuggire. Oppure, e questo dà molta più soddisfazione (almeno sul momento), mandare al diavolo, andarsene sbattendo la porta. Il lavoro esaspera? Lo cambiamo. Il partner non ci gratifica? Lo lasciamo. L’amica non ci dice quello che vorremmo sentire? Smettiamo di vederla. Di rado pensiamo che la responsabilità della nostra felicità (e dunque delle relazioni che coltiviamo) è anzitutto nostra. E che talvolta mandare ogni cosa all’aria è la scorciatoia più a portata di mano, ma anche lo strumento meno efficace.
Di questo e (molto) altro parla Lessico della felicità - 33 parole per vivere meglio, scritto dal coach e cacciatore di teste Roberto D’incau, e da Laura D’onofrio, psicologa e psicoterapeuta, in libreria dal 31 ottobre con Baldini+castoldi (pp. 208, 17). Un saggio che ha il vantaggio di mettere subito a fuoco le parole da maneggiare con maggior cura per vivere meglio restando nelle relazioni (professionali, amicali, sentimentali) senza scappare. Trentatré termini per riflettere «su come affrontare lo stravagante disturbo che è la vita, prima che diventi una malattia».
Per esempio, «Amore»: viviamo nell’equivoco che finita la fase dell’innamoramento sia finito l’amore stesso. Non ricordiamo più che amare significa accogliere le imperfezioni e, soprattutto, costruire. «Ansia»: ne siamo terrorizzati. Eppure può essere una preziosa alleata, perché mostra cosa ci fa paura e ci dà la prima dritta per affrontarla. «Cambiamento» è la parola che dovremmo stampare e appendere allo specchio del bagno, perché niente come uscire dai soliti schemi e fare le cose in modo diverso ci permette di scoprire nuove risorse e di vedere le cose in modo nuovo. Tanto più che se speriamo di cambiare gli altri, hai voglia... Mentre possiamo modificare il nostro sguardo e scegliere cosa vedere.
«Invidia», altra parola temutissima e censurata perché poco lodevole: chi l’ammetterebbe? Ma di per sé non è negativa, in particolare se non si manifesta con il desiderio di distruggere la persona invidiata! Può invece essere una spinta a capire ciò che manca (e a impegnarci per ottenerlo).
«Fallimento»: l’unico vero fallimento è restare sempre uguali a se stessi e ripetere i comportamenti inefficienti che ci rendono infelici. «Immaginazione», poi, è una parola bellissima. Walt Disney diceva: se puoi sognarlo, puoi farlo. Ecco, con l’immaginazione è lo stesso: pensare a come vorremmo che fosse la nostra vita ci aiuta a focalizzarci sul positivo e a raccogliere risorse per raggiungerlo. Infine (ma ce ne sono altre!): «Tenacia». Senza, non si arriva da nessuna parte.
L’obiettivo Le sfumature di trentatré termini per riflettere «su come affrontare lo stravagante disturbo che è la vita, prima che diventi una malattia»