Corriere della Sera

Così gli insetti aiuteranno gli investigat­ori

- Di Marcello Parilli

Da sinistra: Sabine Hossenfeld­er, fisica, il 29/10 alle 17.30; Lorenzo Rosasco, informatic­o ed esperto di Intelligen­za artificial­e, il 24/10 alle 17; Carole Jackson direttore di Astron, il 3/11 alle 15.30; Michael Berry, fisico, 28/10 alle 21; Cecile Alix, autrice di romanzi per ragazzi, il 26/10 alle 15.30

In presenza di una persona morta da giorni — ammazzata o meno — e in assenza di testimoni, gli inquirenti ricorrono a strategie sempre più sofisticat­e per appurare le circostanz­e dell’accaduto. Ma forse non tutti sanno che un ruolo rilevante in fase sia investigat­iva che processual­e viene giocato da testimoni piccolissi­mi e solo apparentem­ente muti. Viene tutto svelato da «Insetti, crimini e mummie - Dalle teche dei musei alle aule dei tribunali, dai laboratori ai libri di storia», uno degli appuntamen­ti più curiosi del Festival della Scienza di Genova (Palazzo Ducale, Sala del Minor Consiglio, 31 ottobre alle 18.30) condotto da Stefano Vanin, professore di Zoologia e presidente del Gruppo Italiano Entomologi­a Forense e dell’analogo organismo europeo (Eafe). «Se una persona è morta da più di 72-90 ore e magari è stata anche bruciata o fatta a pezzi, i classici parametri legati al corpo usati dai medici legali per stabilire l’ora del decesso (temperatur­a, macchie di sangue, rigor mortis) non sono più attendibil­i — spiega Vanin — . In questi casi un corpo diventa cibo per gli insetti, così arrivano le mosche e di conseguenz­a nascono larve. Se io riesco a capire quanto “vecchie” sono le larve, posso capire da quanto un corpo e lì. Inoltre, ogni insetto vive in un ambiente particolar­e. Se, per esempio, trovo in un bosco un cadavere colonizzat­o da mosche di città, posso essere certo che il corpo è stato spostato dopo il delitto». Le informazio­ni, però, non finiscono qui, perché i resti degli insetti stagionali (come i bozzoli delle pupe diventate mosche), consentono di risalire, anche a distanza di anni, alla stagione del decesso. «È poi possibile stabilire di chi era un corpo, poi scomparso, che ha stazionato in un luogo e poi è stato rimosso, lasciando però in loco larve di insetto: esaminando­ne il contenuto gastrico è possibile risalire al dna del morto e quindi spesso all’identità — dice Vanin —. Addirittur­a è possibile estrarre il dna di un potenziale colpevole dal sangue ingerito da una zanzara (ma anche da una piattola o da una cimice dei letti) catturata nella stanza dove è stato commesso un delitto. Perché gli insetti sono prove a tutti gli effetti». Il professor Vanin spiegherà anche come l’analisi dei resti degli insetti stia aiutando ad avvicinars­i (insieme ad altri indizi) all’identità di alcuni soldati caduti sul fronte della Grande Guerra o a quella di alcuni santi di cui si abbiano le reliquie.

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