Rubata la Pachamama: furto giustificato o gesto sacrilego? IL CENTRO ESISTE ANCORA MA RENZI NON È MACRON
Caro Cazzullo, lunedì degli ignoti hanno trafugato nella chiesa di Santa Maria in Traspontina a Roma alcune statuette di Pachamama. Usciti dalla casa del Dio cattolico, i «sequestratori» hanno gettato nel Tevere la divinità venerata dalle popolazioni indigene. Le icone pagane erano stata esposte assieme ad altri oggetti idolatrici per ricordare ai cattolici l’inizio del Sinodo per l’amazzonia. «Posso solo dire che rubare qualcosa da un luogo, per di più sacro, è una bravata: un furto che si commenta da solo» ha commentato Paolo Ruffini, prefetto del dicastero vaticano per la comunicazione. Sarebbe cosa buona che il solerte funzionario vaticano spiegasse ai fedeli il nesso dialogico tra Gesù Cristo e la dea della Terra, chiamata appunto Pachamana, dagli Inca, dai Aymara e dai Quechua. Anche un curato di campagna sa che il primo comandamento proibisce l’idolatria e le sue relative pratiche. Evidentemente, chi ha «giustiziato» l’intrusa, ha conservato il senso della fede smarrito invece da chi avrebbe il compito di conservarla, ribadirla e preservarla.
Gianni Toffali Signor Toffali, si confidi: è stato lei?
Caro Aldo,
Italia Viva si rivolge a un morto: il centro di una volta con persone caratterizzate da conformismo, posto fisso, sacrificio familista, cattolici quanto basta e dolcetti la domenica. Una borghesia che seguiva il flusso, tollerava la corruzione, perché intanto vedeva arrivare in casa tv e lavatrice, dopo gli stenti di un’infanzia di guerra e dittatura. Oggi, i «moderati» del boom sono in via d’estinzione; i loro figli sono genitori in pensione, ultima tutela sociale per i loro ragazzi a casa perché precari. Il «centro» è modernariato politico. La realtà è polarizzata. Proprio in quella destra e sinistra che i grillini (e non solo) negano. Il resto è astensionismo. In questo quadro, chi — come Renzi — si allontana dalla sinistra non va al centro, ma a destra.
L
Caro Massimo, a sua analisi sul declino del ceto medio — non tanto dei suoi consumi, quanto delle sue aspettative — è interessante. E non c’è dubbio che molte democrazie oggi siano non soltanto divise, com’è inevitabile, ma anche polarizzate. Il Regno Unito è in mano a due improvvidi estremisti, Boris Johnson e Jeremy Corbyn. Un collega americano mi ha spiegato che secondo lui Elizabeth Warren, una democratica radicale, avrebbe più chance di battere Trump rispetto al centrista Joe Biden (non sono d’accordo, ma in molti la pensano come il mio amico).
Non è vero però che il centro sia morto. I due più importanti Paesi europei, Germania e Francia, sono governati dal centro. Renzi guarda chiaramente a Emmanuel Macron. Non lo è e non può esserlo, anche perché in Francia vige il maggioritario — che è una grande semplificazione ma consente ai governi di nascere e durare —, mentre l’italia naviga spensierata verso il proporzionale, che moltiplica leader e partiti e consegna a ognuno un potere di coalizione e quindi di veto. Ma tra un Pd che parla soprattutto di tasse, e un Salvini che continua a parlare come un messia di destra — l’altro giorno in tv ha definito gli italiani «il mio popolo»: ma chi è, Mosè? —, c’è senz’altro uno spazio politico. Il problema è che di Renzi ormai si fidano in pochi. Avrà ancora un ruolo, visto che il talento non si smarrisce. Ma non è lui il predestinato. In generale, quando sento parlare di «nuova Dc» penso che questa fissazione tutta italiana per l’eterno ritorno non ci aiuti a capire il nuovo.