Pos, le banche frenano sul taglio costi
Il dialogo è stato aperto, ma il risultato non sarà scontato né immediato. Difficile che le commissioni sui Pos, dovute alle banche dai negozianti per le carte di pagamento, siano azzerate o ridotte in massa, come vorrebbe il governo. Accantonate nella manovra 2020 le sanzioni per chi, il Pos, non lo usa, l’esecutivo ha spostato il tiro. «Abbiamo aperto un confronto con l’abi — ha detto ieri Pierpaolo Baretta, sottosegretario all’economia — . È chiaro che al commerciante devi chiedere di utilizzare quotidianamente il Pos, ma gli devi consentire un costo accettabile». E il presidente dell’abi Antonio Patuelli ha detto di apprezzare l’altro sottosegretario Pd al Tesoro, Antonio Misiani, per i «termini costruttivi e positivi» con cui ha replicato alla sua proposta di estendere a tutti i settori il credito d’imposta dei distributori di benzina per gli incassi con il Pos. Ma l’unica banca che si è dichiarata disponibile a ridurre («Drasticamente, per i piccoli importi», ha detto il ceo Carlo Messina) le commissioni è Intesa. Eppure la direttiva Ue Psd2, quest’anno, impone costi più bassi per le transazioni sotto i 5 euro. E da due anni ormai sono state abbassate le commissioni che le banche pagano una all’altra, fra lo 0,02% (Bancomat) e lo 0,03% (carte di credito).
Secondo Altroconsumo, su un pagamento di 4,50 euro con il Pagobancomat il negoziante spende fra lo 0,88% e il 3,3%. Per 90 euro al supermercato, il 2,3%4%. Con le carte di credito Mastercard e Visa si vola al 2,6%-7,2%. Rispondono le banche: «Ma anche noi dobbiamo pagare». Un ipotetico 0,8% che arriva loro dal Pagobancomat quasi si dimezza versate le commissioni alle altre banche, al circuito Bancomat e a chi processa il pagamento. Morale. Azzerare le commissioni è impossibile, tagliarle complesso. A meno di coinvolgere tutti nella filiera, anche i big Ue, le fintech. Lavoro lungo.