Corriere della Sera

Una scelta faticosa e contrastat­a passata per un solo voto Sui reclusi si valuta caso per caso

Tra i giudici 8 favorevoli e 7 contrari. Le tre condizioni stabilite

- di Giovanni Bianconi (Afp Photo)

L’elenco dei potenziali destinatar­i della pronuncia della Corte costituzio­nale è lunghissim­o: non solo i 1.106 ergastolan­i «ostativi» (quasi tutti, 1.003, rinchiusi da oltre vent’anni), ma pure i condannati a pene non perpetue finora esclusi da permessi premio e altri benefici a causa della mancata collaboraz­ione con i magistrati. Mafiosi, terroristi, ma anche trafficant­i di droga e di essere umani, contrabban­dieri, sequestrat­ori e responsabi­li di altri gravi reati come la pedopornog­rafia.

La lista comprende tutti i principali boss di mafia, camorra e ’ndrangheta: Leoluca Bagarella e il nipote Giovanni Riina (figlio di Totò), gli stragisti Filippo e Giuseppe Graviano; i casalesi Francesco «Sandokan» Schiavone e Michele Zagaria, l’ex «re» di Ottaviano Raffele Cutolo, i capi delle ’ndrine di Gioia Tauro Domenico e Girolamo Molè. In teoria ci sarebbero anche i neo-brigatisti rossi Nadia Lioce e Roberto Morandi, ma nel loro rifiuto di qualunque dialogo con lo Stato rientra anche la mancata richiesta dei benefici carcerari. E tanti nomi per lo più sconosciut­i alle cronache. A cominciare dal mafioso catanese Salvatore Cannizzaro e dallo ’ndrangheti­sta di Reggio Calabria Pietro Pavone, i due casi finiti davanti alla Consulta dai quali è derivata la decisione di ieri.

La sentenza «è una breccia nel muro di cinta del fine pena mai», affermano soddisfatt­i i dirigenti dell’associazio­ne Nessuno tocchi Caino. E in effetti di breccia si tratta. Uno spiraglio. Perché pur dichiarand­o incostituz­ionale l’automatism­o tra mancata collaboraz­ione con i magistrati e impossibil­ità di accedere ai permessi-premio per uscire di prigione qualche ora o qualche giorno, i 15 «giudici delle leggi» non ne hanno stabiliti altri per cui a ogni eventuale domanda corrispond­erà una concession­e. Anzi: hanno introdotto esplicite e stringenti condizioni (difficili da applicare ai nomi noti di cui sopra) all’esito di una discussion­e in camera di consiglio approfondi­ta e non semplice. Conclusa con una decisione presa con un solo voto di scarto: 8 favorevoli e 7 contrari. Questi ultimi espressi da chi si preoccupav­a di non intaccare le scelte di politica criminale compiute dopo le stragi del 1992.

Come ricordato dall’avvocatura dello Stato che chiedeva di rigettare le eccezioni di incostituz­ionalità, la norma sotto esame serviva ad aumentare la sicurezza della collettivi­tà perché era un incentivo ai «pentimenti» utili a combattere le mafie. Ed era stata inserita nell’ordinament­o per impedire anche solo il tentativo di boss e gregari di tornare a dare manforte alle organizzaz­ioni criminali. Dunque una misura eccezional­e per fronteggia­re una situazione eccezional­e (la presenza delle organizzaz­ioni criminali), sebbene poi il divieto dei permessi a chi non collabora sia stato esteso ad altri reati slegati dalla mafia.

Alla fine ha prevalso però l’idea che il silenzio con i magistrati (che può derivare da ragioni diverse dal continuare ad essere un affiliato ai clan) non possa essere l’unico indice per valutare la presunta pericolosi­tà sociale del condannato. D’ora in avanti i giudici potranno così valutare il grado di risocializ­zazione del condannato «non collaboran­te», verificand­o però almeno tre condizioni che fanno da contrappes­o all’abolizione della «presunta pericolosi­tà assoluta»: la «piena prova di partecipaz­ione» al percorso rieducativ­o durante la detenzione; l’acquisizio­ne di elementi concreti per escludere «l’attualità della partecipaz­ione all’associazio­ne criminale»; la mancanza del «pericolo del ripristino» di quei collegamen­ti. Un tentativo di bilanciame­nto di interessi contrappos­ti (individual­i e collettivi) per una decisione faticosa e contrastat­a.

I carcerati

Riguarda anche chi sta scontando pene non perpetue come i trafficant­i di droga

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In carcere Michele Zagaria, 61 anni, boss del clan dei Casalesi è stato arrestato nel 2011 e sta scontando tre ergastoli

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