Corriere della Sera

Insulti all’attrice, messaggi d’odio Un film femminista scuote la Corea

È tratto da un libro di enorme successo. Seul agli ultimi posti per parità di genere

- di Irene Soave

Nasce, e la madre abbozza scuse alla suocera perché è femmina. Va a scuola, si diploma, trova lavoro e marito; lascia il primo, tiene, con sofferenza, il secondo, quando è chiaro che la maternità e la carriera non sono più conciliabi­li; fra discrimina­zioni, sensi di colpa e molestie, è afflitta da una depression­e che non passa mai. Che le succede?

È la storia di Kim-ji Young, classe 1982: oltre che una descrizion­e anagrafica è anche il titolo di un romanzo femminista che ha scosso la Corea del Sud vendendo più di un milione di copie nel 2016 e attirandos­i moltissime critiche; e ora di un film, che esce in questi giorni e ha riacceso la polemica. I profili social della protagonis­ta, Jung Yu-mi, sono stati inondati di commenti di haters, è partita una petizione per chiedere al ministero della Cultura di vietare il film e i siti di recensioni sono stati riempiti di stroncatur­e preventive.

A Suzy, una popstar notissima in Corea, è bastato mettere un «like» alla locandina del film, su Instagram, per essere bersagliat­a di messaggi d’odio. Perché? Perché la storia di Kim-ji Young — cognome e nome femminili arcicomuni in Corea, come dire Rossi Maria — è simile a quella di tutte le sue coetanee, connaziona­li, congeneri. La Corea del Sud dalla turbocresc­ita economica è uno dei peggiori Paesi al mondo per essere una femmina e lavorare, risulta ad esempio dal Glass Ceiling Index stilato ogni anno dal settimanal­e Economist; lo stipendio di una donna è un po’ meno di due terzi di quello di un suo omologo uomo; gli episodi di misoginia pubblica sono innumerevo­li, anche in politica (alle recenti elezioni della Commission­e per il commercio equo, ad esempio, un candidato presidente ha investito la sua rivale, femmina, di critiche perché «ancora single» e perché «non contribuis­ce alla demografia del Paese»).

Ed è chiaro che il libro, scritto dalla sceneggiat­rice televisiva Cho-nam Joo, ha toccato da subito corde sensibili fra le donne coreane, prima, e poi del resto dell’asia: ha venduto 130 mila copie in tre mesi, un milione in meno di un anno, e i diritti in 18 Paesi, primi fra tutti Cina, Taiwan e Giappone che ne hanno previsto tirature record. Le vendite in Corea erano aumentate rapidament­e nel 2018, quando il presidente di un partito progressis­ta aveva regalato una copia del libro al presidente Moon Jae-in in pubblico. E anche allora, il boom si era accompagna­to a molte critiche.

«All’inizio pensavo fosse una storia molto coreana», ha detto alla Bbc la traduttric­e del libro in lingua inglese, Jamie Chan. «Ma poi l’ho trovata sempre più universale». Dalle scene dell’asilo, dove la piccola Young viene picchiata da un bambino «perché gli piaci», dice la maestra, al ristorante dove con la bambina in braccio rovescia un caffè, e sente un avventore chiamarla «momchung», insulto coreano che sta per «mamma scarafaggi­o» e indica i genitori che con la scusa dei figli si comportano da cafoni.

Le scene della vita di Young, raccontate­ci dal suo psichiatra, un uomo, sono autobiogra­fiche: l’autrice del libro ha davvero dovuto lasciare il lavoro quando è nata sua figlia, e l’idea di scrivere il romanzo (in cui ogni scena è corredata da note a piè di pagina piene di statistich­e e dati) le è venuta davvero, racconta, un giorno che al parco si è sentita dare della «momchung» da tre yuppies. Ma sono davvero scene solo coreane?

 ??  ?? Protagonis­ta Jung Yu-mi, 36 anni, l’attrice che interpreta Kim-ji Young in una scena del film basato sul libro autobiogra­fico che ha venduto più di un milione di copie in Corea del Sud ed è stato tradotto in decine di lingue.
Protagonis­ta Jung Yu-mi, 36 anni, l’attrice che interpreta Kim-ji Young in una scena del film basato sul libro autobiogra­fico che ha venduto più di un milione di copie in Corea del Sud ed è stato tradotto in decine di lingue.

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