«Libra sistema di pagamento digitale globale»
Libra non vuole essere una criptovaluta, ma un sistema di pagamento digitale globale, istantaneo e a basso costo, basato su un paniere di monete già esistenti, soprattutto dollari. E nascerà solo quando arriveranno le autorizzazioni delle authority americane dei mercati finanziari. Difficile che possa essere sul mercato a metà del 2020, come era stato annunciato. Il 35enne Mark Zuckerberg, tra i fondatori di Facebook e amministratore delegato della società, sapeva che la sua audizione davanti alla Commissione Finanze della Camera di Washington sarebbe stata un calvario e ieri ha messo subito le mani avanti: novità rilevante visto che in passato David Marcus, il manager che rappresenta Facebook nel consorzio che gestirà Libra, era stato vago sulle regole. Zuckerberg, netto, ma anche contraddittorio, si è impegnato con le autorità americane, ma non ha detto cosa farà se la Ue o altri vorranno norme diverse. Salvo ipotizzare l’abbandono del progetto se l’associazione che gestirà Libra — indipendente e con base in Svizzera — farà scelte non condivise da Facebook. Reazione scettica dei deputati, quasi tutti convinti che il consorzio — 21 aziende che eleggono un board di 5 membri — mascheri l’egemonia del gigante dei social che ha l’immensa base di utenti (2,7 miliardi) necessaria per tenere in pugno l’iniziativa. Attaccato dai democratici, ma anche da molti repubblicani su temi che vanno oltre la moneta — dalla privacy alla pubblicità elettorale — Zuckerberg si è difeso sostenendo che, se non innovano, gli Usa rischiano di vedere il loro primato finanziario minacciato dalla Cina che sta già lavorando al suo renminbi digitale. Ma Pechino è partita dopo il lancio del progetto Libra e punta su una versione digitale della sua valuta, mentre Zuckerberg non vuole legarsi solo al dollaro, avendo in mente un sistema di pagamenti planetario.