A ottobre 2009 il social aprì la sua sede italiana «Così siamo cambiati»
Gli utenti al mese oggi sono 31 milioni Noi secondi nell’ue per presenza nei gruppi
E ra l’ottobre del 2009, esattamente dieci anni fa, quando Facebook apriva la prima sede in Italia. Il premier era Silvio Berlusconi, il Papa Joseph Ratzinger. I compleanni degli amici dovevamo ricordarceli appuntandoli in agenda. Eravamo in grado di interagire con qualche decina di persone, non con qualche migliaio. Lo stesso mese, nasceva il Movimento 5 Stelle, ma la disintermediazione della politica era un concetto futuristico. Matteo Renzi, sindaco di Firenze, neanche immaginava che, il 5 aprile di sette anni dopo, sarebbe stato il primo presidente del Consiglio a tenere una diretta Facebook e che, da #Matteorisponde, saremmo arrivati ai live di Matteo Salvini dal Papeete Beach.
Luca Colombo, Country Director di Facebook Italia, ricorda: «Nella prima sede di Milano eravamo in tre, oggi siamo 50. Dopo un anno, avevamo 11 milioni di utenti al mese, oggi 31 milioni: è stato come passare da un’audience da Festival di Sanremo a una da Mondiale con gli azzurri in finale». Nel mezzo, a lui è capitato anche di accompagnare il fondatore Mark Zuckerberg nella prima visita ufficiale a Roma, nel 2016: «Siamo stati dal Papa, dal premier. Era l’anno in cui Mark s’era proposto di correre un miglio al giorno e abbiamo fatto di corsa il giro del Colosseo».
Facebook esiste in italiano dal 2008 e, stando a un rapporto Censis, nel 2009, era già noto al 61,6 per cento dei connazionali, mentre il 70,5 per cento degli utenti dichiarava di essersi iscritto per stare in contatto con gli amici. Oggi, un dato appena rilasciato da Facebook calcola in 330 milioni i nostri amici all’estero: i più sono negli Stati Uniti e, fra gli europei, spiccano inglesi, tedeschi e romeni.
In quell’ottobre 2009, in realtà, avevamo già scoperto che Facebook poteva aggregare amici virtuali come produrre azioni concrete. La Treccani scrive che, il 6 aprile 2009, la notizia del terremoto dell’aquila viene diffusa su Facebook prima che in tv e che, alle tre del pomeriggio, c’erano già 158 gruppi sul sisma: la base del «movimento delle carriole» che ripulirà il centro storico dalle macerie. Oggi, siamo il secondo Paese d’europa più presente sui gruppi, con 27 milioni di italiani attivi in almeno uno: «Il livello di engagement è uno dei parametri per misurare la rilevanza dei Paesi», spiega Colombo, «buona parte del lavoro consiste nell’incentivarlo. Ad esempio, ogni giorno, 25 milioni di italiani aprono Facebook e ognuno ha un’homepage diversa, coi contenuti che l’algoritmo ritiene più attrattivi per lui». In questi dieci anni, siamo cambiati noi ed è cambiato Facebook. I like sono diventati indice di successo personale. Poi, sono arrivate le reactions, le faccine che indicano gioia o dispiacere, ed è stato come dare più valore alle emozioni e meno al narcisismo. In principio, c’era lo «status» che, nel 2013, è diventato «cosa stai facendo?». Ora è «a cosa stai pensando?». Il che significa condividere meno foto e più riflessioni. Una ricerca ha misurato che i post scritti per condividere momenti bui ricevono più commenti e più lunghi. Poter geolocalizzare gli amici è diventato un invito a incontrarsi dal vivo. Chiedere «sei su Facebook?» ci ha spesso tolto dall’imbarazzo di domandare il numero di telefono. Cosa accadrà nei prossimi dieci anni è difficile a dirsi. Colombo scommette su un Facebook più ricco «grazie alla realtà aumentata che passa da oggetti miniaturizzati e indossabili». Un Facebook che si rimpicciolisce, ma fa più cose.
Amici
Oggi abbiamo 330 milioni di amici all’estero: la maggior parte negli Usa