Torna il vinile (e supera il cd)
Non succedeva dal 1986. «Una reazione alla musica liquida del web»
del mercato della musica registrata — accusano meno l’impatto di colossi come itunes e Spotify rispetto al formato compatto digitale, che sembra destinato a un’irreversibile decadenza.
È come se la forbice tra smaterializzazione e sopravvivenza del supporto, tattilità e immaterialità, si fosse a tal punto acuita da asfaltare la via intermedia a beneficio degli opposti: qua i millennials sempre connessi, là la generazione X ancora legata al fruscio della puntina sul solco e alla sua aura evocativa.
Ed ecco che il disco diventa oggetto d’affezione, calamita di desideri che fanno un po’ retromania (dal libro di Simon Reynolds). Universo parallelo per i cosiddetti digger, Indiana Jones a caccia di rarità nei mercatini vintage o sempre più spesso sulla Rete, e collezionisti. Tra la passione e il feticismo, che spinge i cercatori più irriducibili a sborsare cifre importanti per accaparrarsi la copia introvabile. Fino ad arrivare all’album dei record, quello battuto al prezzo più alto di sempre, Once Upon a Time in Shaolin del Wu-tang Clan: nel 2015 l’unico esemplare esistente è stato acquistato per 2 milioni di dollari con una clausola che vieta di rivenderlo per cento anni.
Cifre analoghe a quelle di capolavori artistici che, pur nell’iperbole, danno la misura della possibile deriva, ovvero che l’alta fedeltà finisca per diventare appannaggio non solo degli intenditori, orecchi raffinati amanti della qualità, ma dei ricchi. Andrea Benedetti (dj, musicologo e autore del libro Mondo techno ristampato di recente) ritiene che, più della crescita degli album in formato analogico, sia da registrare la progressiva estinzione del cd: «Il mercato italiano, a parte Billie Eilish, ruota per lo più intorno alle ristampe dei classici. Si tratta di un trend stabile, nel quale a spingere il rinnovato interesse per il vinile sono anche i nuovi giradischi tornati in auge dopo anni di accantonamento, un po’ come accadde per il grammofono». Gino «Woody» Bianchi, storico dj romano attivo dal 1975 che possiede una collezione di oltre 30 mila vinili, si sofferma su un altro aspetto, l’obsolescenza del cd anche tra gli addetti ai lavori, che in console preferiscono il caro vecchio long playing in alternativa agli mp3 su chiavetta Usb o mixati con appositi software.
«Ora le case discografiche stanno investendo nella ripubblicazione dei cataloghi a partire dagli anni Cinquanta, da Elvis Presley a Marvin Gaye e ai Pink Floyd. Se prima una copia originale poteva costare anche 50 euro, adesso le ristampe rimasterizzate sono più accessibili».
Investimenti
Le case discografiche puntano sui cataloghi anni 50. E ora i costi sono più accessibili