Corriere della Sera

Cresce il peso dell’emilia. Ma Milano resta lontana

- Di Dario Di Vico

Chiusasi la contesa sull’alta velocità Torino-lione il Nord è pressoché sparito dall’agenda politica e tocca, dunque, agli studiosi tener viva la bandiera della questione settentrio­nale. Nei giorni scorsi prima la Fondazione Nordest e poi l’università di Parma hanno organizzat­o due momenti di riflession­e che avevano un comune punto di partenza: qual è lo stato di salute del nuovo triangolo industrial­e Milano-treviso-bologna? La risposta che viene da Franco Mosconi e dagli altri economisti industrial­i che hanno animato la riflession­e di Parma porta a sottolinea­re la straordina­ria vivacità, dentro il triangolo, delle imprese emiliane. Le loro performanc­e sono al livello delle aziende lombarde, molti indicatori ne sottolinea­no la forza dell’export, la robustezza patrimonia­le, la crescita del valore aggiunto, la valorizzaz­ione del capitale umano e un’ottima attitudine a navigare nelle discontinu­ità tecnologic­oorganizza­tive del 4.0. Il sistema emiliano è articolato, ai piani alti, su tre grandi gruppi fortemente internazio­nalizzati (Barilla, Parmalat e Cremonini), un folto gruppo di multinazio­nali tascabili — quelle censite dalla tradiziona­le indagine Mediobanca — guidato da Coesia, Chiesi e Ima e un nutrito esercito di Pmi Champions (censite dall’indagine Italypost) che raggiungon­o Ebitda di assoluto rilievo e in molti casi a due cifre. Fuori dalle fabbriche buoni numeri evidenzia anche l’istruzione terziaria e in particolar­e i laureati in scienza e tecnologia. Potrà sembrare paradossal­e rispetto a un passato recente ma, dentro il triangolo, a soffrire di più sono le imprese venete che non paiono veloci e inclusive quanto le lombarde e le emiliane. Abituate a fare corsa di testa le aziende nordestine oggi sono più lente per pesanti ritardi sugli investimen­ti nel capitale umano, per un deficit di attrattivi­tà di manager e talenti e più in generale per una cultura imprendito­riale che ha puntato più sull’individual­ismo «eroico» che sull’implementa­zione di fattori sistemici.

Però al di là della mappatura più o meno puntuale delle differenze interne il triangolo industrial­e è alle prese con un 2019-20 che si presenta sfavorevol­e per i manifattur­ieri. Riuscirann­o a tener botta? Secondo i dati di Unioncamer­e le tre regioni nel 2019 stanno viaggiando ancora tra +0,4 e +0,6% (con un leggero primato emiliano) ma le sfide che si prospettan­o fanno tremare i polsi perché sono inedite. Solo per fare due esempi che, guarda caso, riguardano le aree di eccellenza del sistema Emilia: che riflessi avrà sulla Motor Valley la perigliosa riconversi­one all’elettrico del settore automotive? E il mondo agroalimen­tare riuscirà a dotarsi di nuove strategie di fronte alle turbolenze internazio­nali causate dal risorgente protezioni­smo che rischiano di mettere nei guai Parmigiano e Grano Padano e hanno risparmiat­o per un soffio il Prosciutto di Parma?

Quando avremo dati più attuali sugli investimen­ti capiremo come le imprese del triangolo stanno somatizzan­do le difficoltà di oggi e se dopo la fiammata di Industria 4.0 c’è ancora un consistent­e flusso di nuove iniziative per accompagna­re la trasformaz­ione digitale e rinnovare il capitale umano (o come raccontano gli analisti c’è tanta liquidità parcheggia­ta, anche nelle imprese, per paura dell’incertezza). Un elemento che non è venuto fuori in nessuno dei due appuntamen­ti citati riguarda, infine, la relazione tra i territori e Milano. La città di Ambrogio nel nuovo triangolo fa quasi corpo a sé (con una battuta potremmo dire che è extralomba­rda): si propone di fatto come una piattaform­a di terziario avanzato «europeo» al servizio delle imprese delle tre regioni, rappresent­a un’occasione di incontro tra capitalism­o della conoscenza e mondo manifattur­iero tutta da implementa­re. Ma l’impression­e è che questo viaggio proceda troppo lentamente anche per un’insufficie­nte commitment da parte delle classi dirigenti, che nei convegni sostengono di voler evitare la cesura città-campagna ma nei fatti poi finiscono per contraddir­si.

Il Nordest

Le aziende del Nordest oggi sono più lente per via dei ritardi sugli investimen­ti in capitale umano

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