Corriere della Sera

«Per spingere il Green New Deal serve una carbon tax»

- Di Edo Ronchi

Nel 2009, L’UNEP — il programma ambiente delle Nazioni Unite — avanzò la proposta di un green New Deal per affrontare sia la recessione economica sia la crisi climatica. Da allora quando si parla di green New Deal è sempre presente sia un ingente impegno finanziari­o pubblico, come quello dello storico New Deal, sia impegnativ­e misure per affrontare la crisi climatica. Le emissioni mondiali di gas serra continuano ad aumentare. Se si aspetta che tutti i Paesi partano contempora­neamente, non si arriverà in tempo a contenere l’aumento della temperatur­a ben al di sotto dei 2°C, come previsto dall’accordo di Parigi. Anche l’italia deve fare la sua parte e aumentare il suo impegno per contrastar­e il cambiament­o climatico per fare di questa sfida epocale un’occasione di nuovo sviluppo a basse o nulle emissioni di carbonio. Negli ultimi anni, però, le nostre emissioni di gas serra, dopo un periodo di calo, non stanno più diminuendo: nel 2018 sono state le stesse del 2014. Per rispettare l’accordo di Parigi, occorrereb­be entro il 2030 almeno dimezzare quelle del 1990, facendole scendere a circa 260 milioni di tonnellate. Secondo IPSRA, con le misure vigenti, mancherebb­ero all’appello 120 milioni di tonnellate (12 milioni di tonnellate l’anno nei prossimi 10 anni), oltre il doppio di quanto previsto dal Piano energia e clima. Il Parlamento europeo ha votato una risoluzion­e che chiede di aumentare l’impegno di riduzione al 2030 dal 40% al 55%. Il nuovo governo italiano non ha ancora preso ufficialme­nte posizione su questa richiesta: un nodo cruciale per la qualità green del New Deal. L’altro grande tema è quello di strumenti, politiche e misure del green New Deal. Arrivare alla decarboniz­zazione dell’economia in poco più di tre decenni richiede una conversion­e di ampia portata. Per azzerare le emissioni di gas serra occorre farle diventare economicam­ente onerose, rendendo vantaggios­e le alternativ­e. Visti i danni che provocano, non ci si può illudere che si possa continuare ad emettere gas serra gratis o a basso costo. Un impegno serio per il clima e per un green New Deal richiede una riforma della fiscalità che sposti il prelievo fiscale dal lavoro e dagli investimen­ti green e lo carichi invece sulle emissioni di carbonio con una carbon tax . I paesi che hanno introdotto misure di carbon pricing sono cresciuti da 19 nel 2010 a ben 56 nel 2019. In Europa già 10 Paesi hanno introdotto una carbon tax. In Italia solo i grandi impianti (centrali, cementific­i, acciaierie, raffinerie ecc) hanno una forma di carbon pricing, regolato a livello Ue, che dal 2021 sarà piuttosto impegnativ­o. La gran parte delle emissioni di gas serra, generate al di fuori di questi grandi impianti non è invece fiscalment­e disincenti­vata. Una carbon tax di 40 euro per tonnellata di CO2 per le emissioni diverse da quelle dei grandi impianti,comportere­bbe, un aumento del prezzo del gasolio di 10 centesimi al litro e di 8 centesimi di quello della benzina. Operando con attenzione, con misure compensati­ve per evitare impatti negativi e aprendo un dibattito pubblico sulla crisi climatica e i suoi impatti anche sull’italia, una carbon tax di questa dimensione può essere condivisa dalla larga maggioranz­a dei cittadini. Tenendo conto che genererebb­e 10 miliardi l’anno di nuove entrate che potrebbero rendere più consistent­i le misure di green New Deal, sia per aumentare l’occupazion­e sia per alimentare la ripresa economica con maggiori investimen­ti in settori della green economy.

Emissioni ll Parlamento Ue ha votato una risoluzion­e per ridurre l’emissione di gas serra dal 40% al 55% entro il 2030

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