«Noi russi siamo indegni di andare ai Giochi»
Il capo dell’antidoping: «Non è cambiato nulla: salteremo Tokyo e Pechino»
«Agli atleti e alle squadre russe verrà vietata la partecipazione ai Giochi di Tokyo. E credo succederà lo stesso per quelli invernali del 2022 a Pechino. Al massimo ipotizzo la presenza di un contingente limitato, a invito». A pronunciare queste parole, ieri, non è stato il solito paladino americano o inglese dell’antidoping ma Yuri Ganus, capo della Rusada, l’agenzia di stato ex sovietica per la lotta al doping.
Una presa di posizione clamorosa in una nazione che da anni copre sistematicamente le malefatte farmacologiche di atleti, allenatori, scienziati e politici. Ma non nuova per un uomo che lotta contro insabbiamenti e frodi del sistema che è stato chiamato a dirigere da pochi mesi ma su cui non riesce ad intervenire.
Parole che fanno tremare la nomenclatura sportiva in attesa della decisione della Wada sui presunti «brogli» che il laboratorio di Mosca avrebbe operato su provette e database consegnate la scorsa primavera agli osservatori indipendenti dell’agenzia Mondiale Antidoping per dimostrare trasparenza e un netto cambio di direzione. Nel materiale ci sarebbero «pesanti segni di alterazione» chimica e informatica che, secondo lo stesso Ganus, «dimostrerebbero come la Russia utilizzi ancora gli stessi metodi che l’hanno portata in questa situazione e che non cambieranno fino a quando non verranno completamente rinnovati i vertici dello sport».
La Wada ha inviato un dossier al ministero dello Sport e al laboratorio di Mosca chiedendo, punto per punto, chiarimenti sulle incongruenze riscontrate nel materiale che corrisponderebbero a «sbianchettamenti» informatici e farmacologici. Parte delle riposte sarebbe già stata inviata e ora si aspetta il responso dela commissione sotto forma di indicazione al Cio e alle federazioni internazionali.
E se il Cio — fino a oggi pesantemente condizionato dalla potenza politica di Putin — dovesse tentennare anche davanti a evidenze chiare, potrebbero essere le singole federazioni ad escludere — una per una — le rappresentative russe. Così come ha fatto da tempo quella di atletica leggera che ha fatto saltare Rio 2016 agli ex sovietici, spetta infatti a loro stabilire i criteri di eleggibilità delle rappresentative nazionali. Un bando totale dai Giochi sarebbe una sconfitta pesantissima per una nazione dove lo sport è da sempre un fenomenale strumento di propaganda.