Mattarella: democrazie fragili di fronte ai domini tecnologici
A Bergamo risponde ai ragazzi: attenti a qualche guru dei veloci processi digitali
BERGAMO «La scienza è portatrice di democrazia», certo. «È però un grande errore non comprendere che le democrazie liberali rischiano di apparire fragili di fronte alla pervasività di “domini” tecnologici che confondono intelligenza e capacità di calcolo… La rivoluzione digitale ha profondamente modificato i modelli di convivenza, ma dev’essere orientata ad accrescere i diritti di cittadinanza sociale, politica ed economica, tecnologica».
Sergio Mattarella lancia un allarme che è difficile non leggere come un segnale di preoccupazione verso le ultime forme di democrazia diretta, oggi indicate pure nel nostro Paese come formule risanatrici d’ogni crisi. Non cita certe idee per una partecipazione politica da gestire per via informatica (e la proposta più insistente è dei 5 stelle), ma quell’esempio deve averlo colpito. Basta sentirlo elencare le insidie di un governo della cosa pubblica affidato a un popolo sempre connesso e pronto ai clic suggeriti da «qualche guru delle veloci tecnologie digitali». Ecco lo snodo principale, per lui: «“L’intelligenza artificiale’’, strumento da maneggiare con cura, non è disgiungibile dalla coscienza e oggi, per fortuna, l’etica inizia a lambire i suoi territori sconosciuti».
È concentrato sull’attualità il dialogo che il presidente intreccia con gli studenti di Bergamo, quasi mille, assiepati nell’auditorium Giovanni XXIII. L’incontro avviene dopo una visita alle eccellenze di una città orgogliosa dei propri primati (di cui si parla poco ma che cambiano il paradigma nazionale: disoccupazione al 3,5 per cento, ricerca d’avanguardia, 137 mila iscritti al festival della scienza), e che lo induce a condividere con forte partecipazione gli ansiosi interrogativi dei millennial. Dalla costruzione
Non bisogna far prevalere il pregiudizio e il sospetto, talvolta fanatico, sui risultati della ricerca sperimentale, indirizzati al bene delle persone
del consenso sorretta a volte dalle fake news, alla fuga dei cervelli all’estero, ai focolai d’intolleranza «che anestetizzano le coscienze».
Il primo tema è di quelli che il capo dello Stato ha affrontato spesso. Stavolta lo fa a partire dalla vicenda di Greta, che ha mosso il mondo e spinto i giovani a chiedere: «Salvate il pianeta ascoltando la scienza». E qui è fatale per lui evocare il pericolo di un confronto sbilanciato tra «cultura scientifica e cultura antiscientifica», per dire che non dobbiamo far «prevalere il pregiudizio e il sospetto, talvolta fanatico, sui risultati della ricerca sperimentale, indirizzati al bene delle persone». Insomma, come si è visto con le suggestioni sui vaccini e con le polemiche per svalutare la competenza, «siamo preda della malattia della “opinabilità”, riducendo i fatti a opinioni, contro qualsiasi evidenza».
Sono gli effetti perversi di quello che gli anglosassoni chiamano overload d’informazioni, cioè il sovraccarico di notizie che genera vertigine e smarrimento tali da renderci incapaci di distinguere il vero dal falso. Fenomeno che, se associato ad altri usi scorretti del web, spalanca le porte a ogni tipo di regressione e indebolisce la stessa democrazia, come il capo dello Stato denuncia.
Ma il presidente tocca anche altre questioni, nelle sue repliche ai ragazzi. Chiamando a «testimoni» tre grandi umanisti del passato — Leonardo, Galileo e Leopardi — la cui esperienza plurale ci insegna che «la disponibilità ad aprirci alla conoscenza, valore in sé, ha anche il potere di abbattere le barriere, favorire lo scambio tra discipline e culture, aprire orizzonti, conoscerci e riconoscerci in una causa comune».
Atteggiamento che lega a tante cose. Per esempio all’urgenza di un «patto tra giovani e anziani», per cancellare smanie di cannibalismo sociale. E anche ai valori della «solidarietà» («principio presente nella Costituzione e nei trattati dell’ue») e che è l’unico «collante dello stare insieme».