«È giustificato usare dati hackerati per difendersi»
L’esercizio del diritto di difesa arriva a scriminare la rilevanza penale persino dell’utilizzo di materiale procacciato da condotte illecite di cui pure si sia consapevoli: «non costituisce reato», motivano dopo 11 mesi i giudici Marcelli-galli-improta, la ricettazione per cui Marco Tronchetti Provera vide il Tribunale condannarlo a 20 mesi nel 2013, l’appello assolverlo nel 2015, la Cassazione annullare nel 2016, l’appello-bis assolvere nel 2017, e nel 2018 la Cassazione riannullare e l’appello-tris riassolvere il 6 novembre. Nel 2004 l’allora presidente di Telecom, quando autorizzò il capo della sicurezza Tavaroli e due legali a usare i dati «hackerati» in Brasile alla Kroll (cioè all’agenzia investigativa al servizio dei concorrenti brasiliani), «era consapevole della loro illecita provenienza», tanto da acconsentire all’escamotage del finto invio anonimo di un cd alla propria segretaria. Ma lo fece, raccomandando di «portare tutto in Procura», per usare quei dati a fini di difensiva tutela (di sé, di Telecom e della famiglia) dallo spionaggio di Kroll. Pur in «mancanza di una formale denuncia» mai operata da Tronchetti, per l’appello-tris conta che i dati «furono in effetti trasmessi all’autorità giudiziaria» brasiliana; e «poi consegnati in copia anche ai Carabinieri di Milano», richiamo al finto furto denunciato in casa di un manager Telecom per occasionare la consegna delle carte da un uomo di Tavaroli a un amico carabiniere.